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Vecchio 25-09-2009, 14.52.50
SteveR
 
Messaggi: n/a
Predefinito Western Australia (Coral Coast) & South Australia (Kangaroo Island edintorni) - Agosto 2009 - Parte 3

Il pomeriggio, ci dirigemmo, percorrendo la Telegraph Road, verso il
porticciolo di pescatori dove vive una folta colonia di Pellicani
Australiani (Pelecanus conspicillatus). I Pellicani Australiani (o
Pellicani dagli occhiali) sono la specie più grande della loro
famiglia misurando sino ad un metro ed ottanta in altezza (ed infatti
ricordo che se allungavano il collo erano più alti di me !) e due
metri e mezzo di apertura alare (quando sfioravano in planata le
nostre teste erano veramente imponenti, escrementi
compresi !) ...niente a che vedere con i Pellicani visti tante volte
ai Caraibi !
Parcheggiammo in uno sperduto piazzale davanti al porticciolo e
scattammo qualche foto agli uccelli. Verso le 17.00, come avevo letto
su internet, arrivò un pick-up dal quale uscì un signore anziano e
panciuto dalla folta barba che prese dal cassone un secchio pieno di
pezzi di calamaro e pesce. Nel frattempo si era formato un gruppetto
di curiosi turisti. Il signore indossò un paio di pantaloni
impermeabili da pescatore, un cappello ed un microfono senza fili e
posizionando un altoparlante su uno scoglio incominciò a spiegare la
vita dei pellicani; intorno a lui un nuvola, non solo di pellicani ma
anche di gabbiani e berte gradatamente lo avvolse, alcuni reclamavano
il cibo da terra, altri dalle spalle, altri ancora dalla sua testa in
una frenesia che alla fine coinvolse tutti. Allora il signore
incominciò a distribuire il pesce e mentre il sole calava dietro le
Araucarie i pellicani con la bocca piena di pesce vennero a finire il
pasto in mezzo a noi tanto che potei toccare il loro gozzo e sentire i
grossi pezzi di pesce roteare nella bocca sino a trovare la giusta
posizione per l'******...poi il signore fu inseguito in mare dove
sciacquò il secchio con gli ultimi avanzi.
Tornammo a casa di notte prendendo in braccio le nostre figlie che
dopo una giornata di emozioni si erano addormentate in macchina.
Il penultimo giorno con base a Penneshaw decisi di dedicarlo ad un
riassunto dei vari animali incontrati fin d'ora nel loro ambiente
naturale dando la possibilità alle mie piccoline di poterli avvicinare
per interagire con loro in un ambiente di semilibertà con esemplari
abituati alla presenza umana. Le scelte obbligate erano due o il
Parndana Wildlife Park aperto tutti i giorni oppure il più piccolo e
"casereccio" Paul's Place Wildlife Sanctuary del quale avevo
contattato via email Katja, la moglie di Paul, che mi aveva convinto
con la sua gentilezza a venire perchè in bassa stagione ci avrebbero
potuto seguire meglio (mi scrisse: "August is very quiet so you should
have a pretty special tour with not many people" ); scelsi
quest'ultimo: in Agosto apre solo il Sabato e la Domenica un paio
d'ore dalle 12.00 in quanto fuori orario è aperto solo per le
scolaresche.
In un'oretta da Penneshaw, passando per Pardana ed imboccando per una
ventina di minuti una strada non asfaltata, arrivammo a Paul's Place,
più che un vero e proprio parco era una enorme fattoria con ampi
recinti e steccati ma anche vasti terreni verdi ed un laghetto
artificiale. Poichè arrivammo in largo anticipo e quindi Paul non
aveva ancora aperto la stradina privata che portava alla sua fattoria,
decisi di proseguire altri 4 km sullo sterrato rosso sino al mare, a
Stokes Bay.
Stokes Bay è una baia selvaggia dove tra la spiaggia e la macchia i
Pivieri dal Collare (Thinornis rubricollis) hanno i loro nidi; di
Pivieri ce ne erano a centinaia, alcuni tranquilli rimanevano intorno
a me mentre altri si alzavano brevemente in volo per poi posarsi ad
una decina di metri di distanza, nei pressi della foce di un
fiumiciattolo; quattro grandi cormorani scrutavano dagli scogli la
superficie marina. Il mare era mosso e sulla sabbia mista ad erba mia
figlia Maeva raccoglieva incuriosita spugne di ogni forma, colore e
consistenza, tutte spugne strappate dal mare durante le frequenti
burrasche: era un luogo suggestivo, tutto da esplorare...un cartello
tra due grandi massi indicava una spiaggia raggiungibile via mare
durante la stagione dei bagni estivi.
Dopo un'oretta, poichè si avvicinavano le 12.00, tornammo indietro
verso Paul's Place; lungo la strada c'era anche la possibilità di
visitare una sorta di orto botanico, lo Stokes Bay Bush Garden, ma
tirammo dritto.
Non puntuale, diversamente da come sono gli Australiani, Paul aprì il
cancello ed entrammo insieme ad un auto di orientali nel loro podere
tra pecore, maiali e cavalli al pascolo; proseguimmo oltre un secondo
cancello e parcheggiammo accanto alla fattoria... ci vennero subito
incontro svariate galline e papere mentre il gallo cantava a
squarciagola !
Entrammo nella fattoria dove passammo un paio di piacevoli ore a
vedere Maeva e Marika divertirsi eccitatissime ad accarezzare e dare
da mangiare ad un "disomogeneo" gruppo di animali; praticamente un
cinquantina di esemplari tra wallaby, canguri, emù, oche, anatre,
capre, pecore e persino un cerbiatto ed un alpaca (che è un animale
delle Ande allevato nel Sud dell'Australia per la lana) che
reclamavano la loro parte di granaglie. I momenti più interessanti ?
quando le mie figlie presero in braccio un koala sceso da un eucalipto
e un possum oppure quando poterono osservare e prendere in mano un
pesante uovo scuro di emù o sentire con le mani la consistenza degli
aculei dell'echidna; i momenti più colmi di ilarità ?: quando
l'alpaca, infastidito dalle boccacce di un bambino, sputò in faccia a
questo, quando mi misero in braccio un grande canguro adulto per
fargli bere una bottiglia di latte, quando gli emù picchiettarono la
testa di un signore sulla quale gli avevano tirato dei semi di
girasole, quando dei pappagalli si posarono sulla mia testa e quando
ci fecero "indossare" al collo un pitone di un paio di metri :-) ;
infine la parte ludica: una cavalcata in pony ! ;-)

Al ritorno, in auto, dopo vari canti e canzoncine, le mie figlie
crollarono in un sonno profondo, ne approfittai per una breve
deviazione lungo una strada rossa che raggiunge Prospect Hill. La
collina, il cui nome originale è stato sino al 2002: Mount Thisby, è
il punto dove si arrampicò il 4 Aprile del 1802 Matthew Flinders,
navigatore, esploratore e cartografo per scrutare dall'alto Kangaroo
Island (per questo qualche anno fa il nome è stato cambiato in
"collina del panorama, dell'esplorazione, della vista..." Oggi si
possono ripercorrere quei momenti salendo, con più comodità, una serie
infinita di gradini di legno ...ricordo che mi venne il fiatone ma la
vista mi appagò della fatica ! infatti Prospect Hill oltre ad essere
il punto più alto dell'isola (307 metri) è anche il punto dove
Kangaroo Island si restringe maggiormente dando la possibilità di
vedere il mare da due parti opposte cioè si vede sia la Pelican Lagoon
che la Pennington Bay.
L'indomani sarebbe dovuto essere l'unico giorno di mal tempo secondo
quanto letto alcuni giorni prima ad Adelaide sui siti di previsione
meteorologica (purtroppo non potevo aggiornarmi in loco perchè l'Hotel
Kangaroo Island Seafront era sprovvisto di collegamento ad internet).
Per questo motivo avevo lasciato per ultime attrazioni minori o
comunque che non richiedevano lunghe permanenze all'esterno; la prima
tappa fu il faro di Cape Willoughby. Per raggiungerlo bisogna
percorrere un lunga strada non asfaltata sino al capo più a est
dell'isola, un luogo ancor più fuori dal mondo di altri visti a
Kangaroo Island.
Dei fari visitati secondo me è il più caratteristico; si tratta anche
del faro più antico del South Australia costruito nel 1852 e
ristrutturato varie volte e quindi esteticamente modificato rispetto
l'originale.
La notte aveva piovuto e le strade erano infangate, nonostante le
previsioni però il cielo era ancora parzialmente azzurro forse grazie
al forte vendo freddo che tirava e che obbligava un giaccone pesante
con cappuccio e sciarpa. Lessi su un cartello che l'accesso era
interdetto ai bambini sotto i quattro anni di età a causa di una scala
verticale che bisognava salire dopo la classica a chiocciola e quindi
mia figlia minore restò con Maria in auto mentre io e mia figlia
maggiore ci incamminammo a piedi verso l'entrata di un cottage dove
presumibilmente viveva il guardiano. Accanto alla costruzione c'erano
altri due cottage affittabili, da uno uscirono due coppie di giovani e
per la prima volta in tutto questo viaggio sentii parlare Italiano...
ci guardarono sorridendo come se avesse capito che fossimo della
stessa nazionalità ...tentennando, feci finta di non aver capito nulla
e facendo un cenno di saluto tirai dritto... poi le coppie presero
un'auto ed andarono via ! Entrammo nel cottage principale aprendo con
fatica la porta a causa delle raffiche di vento; all'interno non
vedemmo nessuno e quindi girammo le varie stanze, c'era una cucina, un
bagno, un salottino in stile inglese con il camino ma nessun
guardiano. Andammo fuori accanto al faro ma questo era chiuso,
percorremmo per qualche minuto un viottolo che partiva dalla collina
per il trekking (con cassetta delle offerte) ma il vento era troppo
forte per avventurarci quindi tornammo nel cottage, in fondo in base
agli orari mancavano solo dieci minuti al tour; ed infatti dopo
qualche minuto un simpatico vecchietto si presentò a noi, gli esibii
la tessera K.I.Pass e tirando fuori la macchinetta fotografica facemmo
subito amicizia commentando il fatto che anche lui ne aveva acquistata
una identica. Aspettammo nel suo ufficio (una scrivania, degli
scudetti, un orologio, qualche souvenir a carattere navale ed un frigo
pieno di gelati) che scoccasse puntuale al secondo l'orario del tour e
ci incamminammo verso il faro...come sempre c'eravamo solo noi, una
meraviglia perchè quando non si è in gruppo si ha la guida tutta per
noi e questa parlava anche un ottimo e lento inglese tanto da riuscire
a capire tutto per poi fare la traduzione a Maeva. Ci aprì la porta
del faro e per ogni piano ci spiegò la storia, il funzionamento, i
segnali sino ad arrivare alla terrazza esterna in cima (vista
mozzafiato!) : il vento era talmente potente che la guida dovette
puntare i piedi per tenere aperta la porta metallica che dava
sull'esterno mentre all'interno del faro il vento creava un rumore
assordante. In verità, ci disse la guida, in quel punto dell'isola il
vento spirava sempre con prepotenza e che anzi in quella giornata non
era neppure troppo forte, intorno ai 40 nodi, ma talvolta si
superavano tranquillamente i 60 (circa 110 Km/h) ! Usciti dal faro,
vedemmo delle ossa di un cranio di una balena spiaggiata, la guida ci
raccontò che quando le portarono puzzarono per cinque anni, ci disse
anche che spesso le balene si possono avvistare dal capo ma che in
quella giornata non ce n'erano; prima di congedarci ci fece visitare
un piccolo museo dove giacevano le vecchie lampade e gli antichi
dispositivi di segnalazione ed infine la stazione meteo, piccolina ma
ancora in funzione.
Tornammo indietro superando Penneshaw in direzione dell'American River
facendo prima alcune tappe puramente panoramiche nelle spiagge dei
dintorni, poi sostando lungo le sponde del "Fiume Americano" in una
solitudine suggestiva tra gli alberi parzialmente sommersi e il lento
scorrere delle acque. Sulla sponda opposta si scorgeva una piccola
struttura, tipo B&B chiusa a causa della bassa stagione; una
grandinata ci destò e visto il cielo nerissimo decidemmo di chiudere
la giornata con una spesa al supermercato ed un pomeriggio casalingo a
sistemare un pò le valigie, visto che il giorno dopo avremmo cambiato
alloggio, lavare qualche capo di abbigliamento, fare i salvataggi sul
pc e sul disco fisso esterno del materiale video e fotografico,
studiare le mappe e preparare con calma una lauta cena !
Verso sera, prima che il sole tramontasse del tutto, anche se faceva
veramente freddo a causa della giornata nuvolosa e ventosa, volli
uscire a bighellonare per la spiaggia di Penneshaw...il pomeriggio
casalingo mi aveva un pò stufato ! Nessuno dei miei famigliari mi
seguì preferendo, non troppo a torto, il calduccio della casetta e per
quanto riguarda le mie figlie anche il gioco con le loro decine di
bambole e bamboline di Barbie e delle Winx che si erano portati
dietro...erano già tutti in pigiama con la televisione accesa ed una
minestrina calda in pentola. Dissi: "mi vado a fare un giro"... i miei
famigliari mi guardarono con gli occhi sgranati ! ...mi bardai di
tutto punto come se andassi in escursione al Polo Sud e mi diressi
verso la scogliera: Penneshaw pareva una città fantasma: il vento
ululava tra gli alberi, i negozi erano chiusi, non un cane in giro, il
cielo era plumbeo, nessuna luce trapelava tra le case, la strada che
costeggiava il mare era battuta dalle onde quasi fosse il Malecon
dell'Avana... ma proprio questo era il fascino del luogo, bello
com'era sferzato dagli elementi della natura ! Il vento era talmente
intenso da portare l'acqua del mare a grande distanza, tanto che, dopo
pochi minuti, ero già completamente zuppo nonostante il giaccone
impermeabile; poi incominciò a piovere violentemente, senza accennare
a smettere, ma tanto non c'era differenza: l'acqua che mi investiva
lateralmente per il vento non si capiva quando arrivava dal mare e
quando dal cielo...continuai per un'oretta immobile ad osservare
l'oceano in tempesta, uno spettacolo ammaliante, con i gabbiani che
sfioravano i picchi delle onde ed un leone di mare che pattugliava la
scogliera ...ero incantato e non me ne andai finchè non si fece
completamente buio; sarei rimasto tutta la notte se non fosse che la
scogliera e la vicina spiaggia era interdetta alle persone subito dopo
il tramonto per non disturbare i pinguini che tornavano sfiniti dal
mare per riposarsi...anche se sicuramente nessuno mi avrebbe detto
nulla: quando le condizioni meteo sono proibitive le visite guidate ai
pinguini sono soppresse ed la guida rimane a casa !
Tornai nel buio del giardino del resort bussando alla porta come un
lupo mannaro, fradicio come una spugna; a casa erano preoccupati, mi
avevano oramai quasi dato per disperso ! Calmo mi spogliai
completamente nudo, con i piedi sulla moquette, distribuii i miei capi
di abbigliamento sui vari scaldini elettrici per asciugarli e mi
immersi in una bella doccia calda fumante.
La mattina seguente ci aspettava il sesto e penultimo cambio di
alloggio; poichè Kangaroo Island non è un'isola piccola, per dare
un'idea la sua superficie è circa una ventina di volte quella
dell'Isola d'Elba, avevo diviso virtualmente in due parti le
attrazioni da visitare e per questo avevo previsto nella settimana di
soggiorno due sistemazioni diverse, una a Est (a Penneshaw) ed una ad
Ovest a ridosso nel Flinders Chase National Park. Partimmo di buon
mattino per recarci con tutta calma verso il Kangaroo Island
Wilderness Retreat, una stupenda struttura immersa nel bush del parco
nazionale lungo la South Coast Road, a pochi chilometri dal Visitor
Centre del Flinder Chase.
I circa 140 chilometri che ci separavano da Penneshaw passarono in
fretta e in un'oretta e mezzo avvistammo il bivio da dove, con una
stradina non asfaltata, si arrivava al "retreat". All'interno della
struttura c'è anche l'unico distributore di carburante di tutta la
zona, un' unica colonnina in mezzo al bush e alla terra rossa, quasi
un monumento, che distribuisce sia gasolio e benzina; si paga nella
reception.
Poichè arrivammo troppo presto e l'appartamento sarebbe stato pronto
solo nel pomeriggio decidemmo di pranzare al "sacco" e con il
fuoristrada colmo di bagagli (non è un problema visto la mancanza di
criminalità) incominciammo a visitare il parco nazionale.
Per entrare regolarmente nel Flinder Chase N.P., nonostante non ci
siano controlli, bisogna fermarsi lungo la strada nel rispettivo
Centro Visitatori (tra l'altro un centro fornitissimo di vini e
souvenir con bar annesso) e pagare un biglietto (fornendo la targa
dell'auto) oppure, come nel nostro caso, esibire la Kangaroo Island
Pass ed ottenere gratuitamente il biglietto con stampata la propria
targa da porre in vista sul cruscotto.
Espletata la formalità del biglietto puntammo verso il mare, in
direzione del faro di Cape du Couedic. Passato di poco il faro
arrivammo in un parcheggio semivuoto dove finisce la strada. Cape du
Couedic è il luogo, secondo me, più suggestivo di tutta l'isola; in
questo selvaggio luogo circondato da vegetazione bassa la natura si
presenta con tutta la sua potenza: ci troviamo in direzione
dell'Antartico quindi verso sud e l'oceano, solcato da una serie di
correnti marine, in questo punto è perennemente agitato, spesso (come
nel giorno in cui c'eravamo noi) in tempesta, con uno spettacolo che
mi rimarrà impresso per sempre: enormi onde che lentamente
raggiungevano la costa in un fragore continuo, accavallandosi tra loro
una sopra l'altro o addirittura incrociandosi da direzioni diverse
scolpivano la roccia vulcanica della costa; altre ancora più alte,
sfiorate dagli Albatross si infrangevano contro gli isolotti chiamati
"The Brothers" o "Casuarina Islets" sommergendoli in parte; un
peschereccio, in lontananza, parzialmente coperto dalla vista dalle
onde e dall'aerosol marino arrancava a fatica tra le due isolette !;
raffiche di vento freddo sferzavano il capo sgombrando in compenso il
cielo da ogni nuvola ! Dal parcheggio ci dirigemmo verso due sentieri;
sul primo mi avventurai solo io e mi portò verso un punto panoramico e
molto alto del capo da dove si potevano scorgere centinaia di Foche
della Nuova Zelanda intenti a cacciare nel mare procelloso; sul
secondo invece andammo tutti e ci portò in una serie di passerelle di
legno, via via sempre più panoramiche, fino ad una scala che scendeva
lungo la costa a picco sul mare e proprio alla fine di quest'ultima
potemmo vedere da vicino la colonia di foche Neozelandesi che
noncuranti di noi erano intenti nelle loro faccende quotidiane sulle
rocce nere bagnate dai bianchi marosi. L'ultimo tratto della
passerella fu quello che ci lasciò a bocca aperta; all'improvviso si
aprì davanti ai nostri occhi una grotta, o meglio un'enorme volta con
tanto di stalattiti ed uno sbocco verso il mare dove si riposavano
altre foche: l' Admirals Arch. Il vento, che dal mare in bufera si
incanalava a forza nell'antro, generava una colonna di vapore marino
che ci investiva orizzontalmente in pieno; senza dubbio fu il posto
dove il nostro vestiario "da neve" fu azzeccato in pieno !
Risaliti verso il parcheggio accanto al faro, ci dirigemmo verso
l'altra importante attrazione del parco, le Remarkable Rocks.
Pochi minuti ed arrivammo al sito di queste "rimarchevoli rocce"; una
famiglia di turisti tornava indietro lasciandoci da soli ad ammirarle.
Anche qui una passerella comoda in legno ci portò alla base di questo
gruppo di rocce dalle forme più bizzarre, alcune delle quali
somiglianti, anche se in formato più grande, alle formazioni sarde
come ad esempio la "Roccia dell'Orso" a Palau e anch'esse formate da
granito talvolta colorato di rosso o di giallo per gli abbondanti
licheni. Fu veramente divertente soprattutto per le mie figlie
curiosare, nascondersi, esplorare il piccolo labirinto, entrare in un
grande buco nella roccia, correre tra i tunnel e le stradine che
questo gruppo di macigni formava, con un occhio da parte di noi
genitori però sempre vigile in quanto nel retro della base granitica,
come avvertono i cartelli, si poteva scivolare rovinosamente sulla
sottostante scogliera, tragedia purtroppo accaduta anni fa ad un
turista deceduto.
Terminata la visita di questa "ventosa" attrazione ritornammo verso il
Kangaroo Island Wilderness Retreat, dove questa volta potemmo prendere
in consegna le chiavi dell'appartamento. Il locale non era grande, ma
come al solito ben attrezzato con un saloncino con un televisore ed un
fornito angolo cottura, un bagno ed una sola stanza da letto dove
potevamo dormire tutti insieme, noi genitori in un letto matrimoniale
e le piccole in uno a castello; ovviamente c'erano anche due
climatizzatori che accendemmo subito per scaldare l'ambiente. Appena
fuori la porta di casa c'era un lungo androne comune agli altri
appartamenti dotato di salotto, tavolini ed un biliardino che subito
attirò l'attenzione delle mie figlie !

Nella reception posta in un altro stabile dopo la pompa di benzina
c'era la possibilità di collegarsi gratuitamente ad internet sia in wi-
fi, come feci io con il mio portatile, sia utilizzando uno dei due
computer messi a disposizione che, visto la penuria di ospiti, erano
sempre liberi a disposizione delle mie figlie che subito
approfittarono per navigare sui loro siti preferiti di giochi on-line
(sicuri) come: [url]www.flashgames.it[/url] .
In fondo alla reception, vicino al bancone c'era un cesto che attirò
la mia attenzione: era pieno di bustine in cartoncino con un cartello
che esortava a lasciare una piccola offerta per il parco: si trattava
di cibo in pellet per gli animali del bush: lasciammo varie offerte in
quei giorni prelevando una copiosa quantità di mangime ! Infatti il
divertimento serale in quei giorni per Maeva e Marika fu proprio dar
da mangiare fino a notte tarda ad un gruppo di wallaby (piccoli
canguri) che al suono dei pellet "agitati" come maracas spuntavano
timorosi dal bush seguiti da alcuni possum che scendevano dagli
alberi... nonostante il buio, nonostante il freddo, con difficoltà
riuscimmo a richiamare "all'ordine" le nostre figlie e portarle a
letto !

Il mattino seguente ci svegliammo al picchiettare sui vetri di un
corvo che, con i suoi versi simili ad una risata, reclamava la sua
parte ci cibo; uscimmo per accontentarlo ma ci aspettava già un grosso
canguro rosso, per nulla timido, che arrivò addirittura ad entrare
nell'auto pur di rimediare qualche biscotto.
La prima tappa della nuova e soleggiata giornata furono le grotte
presso la località di Kelly Hill Caves and Conservation Park.
Percorrendo la South Coast Road in direzione di Vivonne Bay passando
per il Koala Walk, un percorso a piedi tra gli eucalipti dove si
possono osservare i simpatici marsupiali, arrivammo al bivio per Kelly
Hill Cave. Arrivammo circa un'oretta prima dell'apertura e quindi
approfittammo per passeggiare nella magnifica foresta di secolari
eucalipto (attrezzata anche ad area pic-nic) dove gruppi di pappagalli
colorati di blu e rosso strillavano al nostro passaggio; nei pressi
vidi anche una intera famigliola di canguri. Appena aperto il centro
ed esibita la Kangaroo Pass ci incamminammo lungo una strada in forte
salita verso l'entrata delle grotte. Per fortuna anche in questo luogo
c'eravamo solo noi così potemmo fare amicizia con la simpaticissima
guida che ci spiegò le peculiarità della grotta rispondendo a tutte le
nostre domande.
Durante la visita ci fece ripercorrere le gesta dei vecchi esploratori
facendoci utilizzare dopo le torce elettriche delle comuni candele.
Le grotte hanno un'origine carsica (quindi scavate dall'acqua) e si
sono formate nel Pleistocene. Nonostante siano delle grotte "attive"
quindi con stalattiti e stalagmiti ancora in formazione (infatti si
possono vedere le "gocce" di acqua e calcare che scendono dalle
stalattiti) è "stranamente" permesso, anzi vivamente consigliato come
mi disse la guida, fare le foto con il flash. Tra le formazioni
calcaree più caratteristiche c'è una composizione chiamata "bacon" per
la vaga somiglianza con la pancetta affumicata ed una stalattite
dall'insolita forma di "scarpetta di Cenerentola". Per i più esperti
si organizzano anche delle visite più avventurose e impegnative nel
profondo delle grotte (Deep Adventure Caving).
Intorno al nome di queste grotte si narra una storia in parte vera, in
parte frutto della fantasia. Nel 1880 un allevatore di nome Kelsy
stava cercando un gruppo di pecore smarrite con il suo cavallo Kelly
quando entrambi caddero in un apertura carsica che portava all'interno
delle grotte. Kelsy riuscì ad arrampicarsi all'esterno ed andò a
cercare aiuti per salvare il suo cavallo Kelly ma quando tornò non lo
trovò più ! Da questo punto inizia la leggenda: poichè lo scheletro
del cavallo non fu mai trovato, si narra che questo ancora vaghi tra
il labirinto dei cunicoli.
La successiva ed ultima attrazione per Kangaroo Island fu il faro di
Cape Borda, posto su una sperduta landa nel Nord-Ovest dell'isola.
Per arrivare percorremmo molti chilometri di strada fangosa battuta
dal vento passando per un piccolo cimitero testimonianza l'isolamento
sino a qualche decennio fa vivevano i guardiani del faro e i loro
famigliari; nel piccolo e scarno cimitero c'erano solo croci di legno
con semplici scritte dei nomi e del ruolo in vita dei vari defunti,
tutti trapassati dalla metà del 1800 sino alla fine del 1900.
Arrivati al faro ed esibita la K.I.Pass il guardiano chiuse il
negozietto di souvenir e ci guidò all'interno della struttura. Per la
prima volta, nonostante masticassimo un pò d'inglese anche grazie ai
nostri viaggi effettuati sempre in "autonomia" e mai in gruppo o con
amici, non riuscimmo a capire un "acca". La guida parlava talmente
veloce e talmente in maniera robotica che a stento credemmo che la sua
lingua fosse veramente l'inglese; per fortuna un foglietto
descrittivo, fatto più unico che raro in versione Italiana, compensò
il problema permettendoci di apprendere ugualmente molte informazioni
sul faro.
L'unica particolarità rilevante di questo faro costruito nel 1858 è un
piccolo cannone che spara ogni giorno intorno alle 12,30/13.00
(l'orario non è preciso perchè dipende da quando finisce il giro
turistico). Questo cannone anticamente aveva la funzione principale di
avvertire le navi del pericolo del capo quando la nebbia oscurava il
fascio di luce del faro (e non esisteva ancora la radio) e quella
secondaria di spaventare le presunte navi nemiche lasciando credere
esistesse un vero e proprio presidio militare; non per caso il faro fu
edificato proprio in questo punto dell'isola in modo da avere una
funzione di osservatorio militare, in special modo nei confronti delle
navi russe.
Alla fine del giro la guida caricò con flemma il cannone infilando
dentro sua la bocca una carica esplosiva collegata ad filo elettrico a
sua volta collegato un detonatore che poi porse insieme ad un paio di
cuffie ad una turista lasciando che questa facesse esplodere la bocca
di fuoco.
La sera poichè era l'ultimo giorno di effettiva vacanza mangiammo nel
ristorante all'interno del Kangaroo Island Wilderness Retreat
(prenotazione obbligatoria), una cena a base di carne soprattutto di
canguro veramente eccellente, annaffiata da uno dei famosi vini rossi
locali ...decisamente un ristorante da consigliare.
La mattina prestissimo, dopo aver lasciato le chiavi dell'appartamento
nella cassettina del retreat, tornammo a Penneshaw (circa un ora e
mezzo) per imbarcarci sul traghetto della Sealink e tornare sul
continente ad Adelaide. Questa volta il mare non fu clemente come
all'andata a causa del forte vento che da un paio di giorni agitava
l'oceano; il traghetto a fatica si fece strada tra le onde alte
quattro metri e poichè era semivuoto, soprattutto privo di pesanti
automezzi, con uno scafo a catamarano, quindi a basso pescaggio,
ballava tantissimo tant'è che dopo una cinquantina di minuti, quando
oramai il ferry era entrato nella piccola rada calma di Cape Jervis,
Maria e Marika rigettarono la colazione a base di latte e uova sode
che avevamo fatto in auto poco prima di partire.
Ripercorremmo per un paio d'ore la verde Fleurieu Peninsula, senza
scordarci prima di fermarci un attimo al Leondar's Mill per
ringraziare la signora che ci aveva riportato la settimana prima la
sacca dimenticata nel suo locale e saltando per "ovvie" ragioni il
pranzo, muniti delle nostre cartine stampate da Google Maps arrivammo
ad Adelaide. Ci fermammo prima in hotel per prendere possesso di una
nuova stanza, posare i bagagli e recuperare la grande valigia con
l'attrezzatura "da mare" che avevamo lasciato all'andata e poi andammo
a riconsegnare il fuoristrada al noleggiatore. Qui ci venne a prendere
il papà di una nostra amica di famiglia australiana (ma che vive come
noi a Roma) che ci scarrozzò per la città facendoci vedere prima i
luoghi più panoramici, poi un grandissimo supermercato di generi
alimentari italiani (ad Adelaide vive una delle più numerose comunità
di italiani), poi ripercorse i luoghi d'infanzia di sua figlia, infine
per la gioia delle mie piccole ci portò ad un parco dove oltre dare da
mangiare alle anatre, Maeva e Marika si divertirono con i vari
giochini, gli stessi dove le loro amichette di scuola, figlie della
nostra amica australiana, giocarono qualche mese prima in visita dai
nonni; la sera terminò con una cena nella loro casa.
Il giorno seguente iniziò il nostro lungo viaggio di (ahimè!) ritorno
in Italia, interrotto solo da una sosta "tecnica" di otto ore
all'aeroporto Changi di Singapore, ore che per fortuna passarono
veloci grazie alle attrazioni contenute all'interno (negozi, internet
point, ristorazione di ogni genere, il "giardino delle farfalle",
parchi giochi per i più piccoli, ecc.).
Sarà anche questa volta il caso di dire "arrivederci Australia" ?

Bye Steve tropiland.it
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