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Vecchio 26-05-2010, 18.45.03
carla polastro
 
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Predefinito [RECE] LIbano, maggio 2010 (prima parte di due, solo testo)

Lunedì, 17 maggio:

La nostra prima escursione in terra libanese ci porta a sud di Beirut, verso
luoghi dai nomi evocatori di tempi remoti: Sidone, Tiro... Anche qui, come
in Asia Centrale, seguiamo le tracce di Alessandro Magno, che conquistò Tiro
nel IV secolo d.C.

Percorriamo la strada costiera, in mezzo a estesissime piantagioni di banane
e uliveti, sotto un cielo plumbeo. Il mare, dai freddi riflessi metallici, è
sferzato da un forte vento che strapazza le bandiere e i rami degli alberi,
e che solleva mulinelli di sabbia sulle spiagge deserte.

Poco prima di arrivare a Sidone (Saida), ci fermiamo presso le scarne rovine
del tempio di Eshmoun, [url]http://www.eshmoun.com[/url]

Le erbacce hanno decisamente preso il sopravvento, ma, grazie a dei fondi
stanziati dalla Banca Mondiale, dovrebbe prendere presto l'avvio un progetto
di ristrutturazione del sito, fra i più antichi della regione.

Eshmoun era il dio guaritore fenicio (o cananeo che dir si voglia). In epoca
persiana, nella zona di Sidone, il suo culto era particolarmente sentito.
Quando un figlio (maschio, ben inteso) si ammalava, era a Eshmoun che si
rivolgevano i genitori, con preghiere, offerte e sacrifici. A guarigione
avvenuta, si portava al tempio, come ex-voto, una piccola statua
raffigurante un bimbo. Alcune di queste statue, commoventi per via del loro
significato, sono ora esposte al Museo Nazionale di Beirut,
[url]http://www.beirutnationalmuseum.com[/url]

Al culto di Eshmoun è legato quello di Astarte, la "Grande Madre", sposa di
Adone, che i Greci assimileranno ad Afrodite, e che veniva raffigurata
seduta in trono. E un trono di pietra è difatti ancora visibile in situ.

Arrivati a Sidone, la prima tappa, quasi inevitabilmente, è al Castello del
Mare (Qal'ah al-bahr), fortezza fatta erigere dai Crociati intorno al 1228,
le cui mura sono state rafforzate con pezzi di colonne romane, perfetto
esempio di "riutilizzo del manufatto".:-)

Qui incontriamo la prima di una lunga serie di scolaresche (maggio è il mese
delle gite scolastiche per eccellenza, in Libano). Mentre lasciamo la
fortezza, veniamo salutati da squillanti "bonjour" e "hello". La frotta di
ragazzini, prevedibilmente, sembra più interessata a dei turisti stranieri
che a questo edificio, "eredità" dei Templari...:-)

Ci attende un piccolo (e incantevole) fuori programma: la nostra guida,
Madeleine, ci fa entrare in un'oasi di frescura e tranquillità, il Palazzo
Debanné, [url]http://www.museumsaida.org[/url] (ingresso gratuito).

In origine, questa magnifica dimora era una torre, fatta costruire, nel
1721, dalla famiglia marocchina degli Hammoud. I Debanné ne entrarono in
possesso nel 1800. Occupata da centinaia di profughi palestinesi e da
miliziani durante la guerra civile, l'edificio ha subito danni
incalcolabili, ma un minuzioso restauro (non ancora del tutto terminato)
l'ha riportato all'antico splendore. La struttura è quella tipica delle
dimore signorili arabo-ottomane: eleganti saloni da ricevimento, profusione
di mosaici, splendidi soffitti in legno intarsiato e dipinto. I piani
superiori (a tutt'oggi non visitabili) sono stati, invece, aggiunti nel
Novecento e presentano un'impronta più europea che mediorientale. I Debanné
progettano di fare del loro palazzo un museo dedicato alla storia di Sidone.

Il souk di Sidone è un trionfo di frutta e verdura coloratissime e
dall'aspetto assai invitante. Le albicocche e le ciliege, in particolare,
sono una delizia!

In pochi minuti arriviamo a un'autentica meraviglia, il Museo del Sapone,
[url]http://www.fondationaudi.org[/url] (ingresso gratuito). E' stato ricavato da una
"savonnerie" ottocentesca, installata in un edificio del XIII secolo, ai
margini della medina. Nel 1895 divenne la residenza della famiglia Audi (fra
i più importanti banchieri libanesi). I lavori di ristrutturazione, per
farne un museo, sono iniziati nel 1996, e il risultato è a dir poco
spettacolare! Tutto è stato fatto con gusto squisito, dall'allestimento
all'illuminazione, dal gift-shop alla cafeteria. Vi sono illustrate le fasi
di fabbricazione del sapone ed esposti antichi macchinari e oggetti legati
all'igiene personale, come bacili da barbiere, ceramiche, raffinati
contenitori di unguenti o cosmetici, spesso utilizzati anche negli hammam.

Dopo una breve visita alla chiesa greco-ortodossa di San Nicola, in un
raccolto angolo della medina, raggiungiamo il Caravanserraglio dei Francesi
(Khan El-Franj), fatto costruire nel Seicento da Fakhreddine II insieme a
numerose altre strutture analoghe, con l'obiettivo di incrementare gli
scambi commerciali con l'Occidente. Anche il Khan El-Franj segue il modello
classico ottomano, con il grande cortile rettangolare, la fontana, i
magazzini e le stalle al pianterreno, le arcate al primo piano, dove
alloggiavano i mercanti di passaggio. Questo edificio ne ha viste veramente
di tutti i colori: è stato residenza del console francese e poi dei frati
francescani, infine orfanotrofio femminile. Ora offre un fresco rifugio ai
turisti affranti dall'afa...:-)

Lasciamo Sidone diretti a Tiro (Sour), dove, per prima, visitiamo la
necropoli romana e bizantina che, in questa stagione, appare come un grande
giardino fiorito. Gironzoliamo fra variopinti oleandri, rigogliosa
bouganvillea, luminosi arbusti di ibisco siriaco, alti cipressi e pini
marittimi. Sulla sinistra della necropoli, al di là dei rovinatissimi ed
esigui resti di un acquedotto e di fianco alle terme, si estende il
vastissimo ippodromo (lungo 480 metri e largo 160), che poteva accogliere
fino a 20.000 spettatori seduti. Sono state riportate alla superficie e
ricomposte solo piccole porzioni delle gradinate e della spina, oltre
all'obelisco centrale. In epoca bizantina, nell'ippodromo ormai abbandonato,
fu eretta una ********.

Dopo pranzo, è la volta dei resti della città romana imperiale, in riva al
mare, dove si trovava il porto egizio.

La grande arena, risalente al I secolo d.C., presenta la particolarità di
essere rettangolare. Come in ogni città romana che si rispetti, non possono
mancare le vestigia delle terme, del ginnasio, di un tempio poi trasformato
in chiesa, dei quartieri residenziali...

Rientrati a Beirut, al tramonto passeggiamo lentamente lungo la Corniche,
fino agli Scogli del Piccione (Raouché, già "avvistati" ieri dall'aereo in
fase di avvicinamento all'aeroporto Rafic Hariri), "landmark" per eccellenza
della capitale libanese, [url]http://tinyurl.com/32ut2pd[/url]

Martedì 18 maggio:

Oggi la nostra prima meta è il Palazzo di Beiteddine, nella regione
montagnosa dello Shuf, a poche decine di chilometri a sud di Beirut. Presto
lasciamo la strada costiera e prendiamo quella che si inerpica in un
suggestivo paesaggio fatto di ulivi, di solare ginestra, di vigneti, di
alberi da frutta. Attraversiamo piccoli villaggi abitati in prevalenza da
Drusi (non a caso, questo è il "feudo" di Walid Joumblatt), dai ritmi
sonnolenti, così diversi dal caos della capitale.

In agosto, Beiteddine si anima grazie al ben noto festival internazionale,
[url]http://www.beiteddine.org[/url], ma in questa giornata di metà maggio è un luogo
ancora tranquillo (soprattutto quando se ne va una scolaresca
particolarmente chiassosa:-)), immerso tra cedri, rose, frutteti, nell'aria
fresca dei suoi 850 metri di altitudine.

Il Palazzo fu voluto, agli inizi dell'Ottocento, dall'Emiro Bashir Shihab
II, che ne affidò la progettazione ad architetti italiani. Il risultato, di
grande armonia e raffinatezza, è però squisitamente libanese. I cortili, più
o meno vasti e ornati, si susseguono in un affascinante gioco di
prospettive, di luci e di ombre. I muri, a strisce, hanno tinte calde,
morbide, che ricordano le pietre di Palmira.

Il "cuore" di questo complesso monumentale è il Salamlik, dove Bashir
riceveva i propri dignitari e gli ospiti di maggior riguardo. E' un salone
sontuoso, su due livelli, decorato con marmi preziosi e legni intarsiati, e
dagli ampi divani di velluto. Così come le stanze circostanti, è pervaso da
una luce soffusa, che filtra dai vetri colorati delle finestre. Nella
penombra, si ode solo lo zampillio delle fontane, "protagoniste" immancabili
di una dimora signorile mediorientale.

Passiamo poi all'hammam, restaurato in maniera a dir poco discutibile, ma
che conserva ancora le tracce dell'originale eleganza. Nella prima sala, è
facile immaginare i cortigiani o gli ospiti dell'emiro intenti a
chiacchierare e fumare il narghilé sui comodi divani. Il frigidarium, il
tepidarium e il calidarium hanno soffitti a cupola forati. I fori sono
chiusi da vetri variopinti. Susan, la nostra guida, usa i suoi occhiali da
sole per mostrarci che tali vetri, in realtà, hanno anche un fine
decorativo, e non solo pratico.

Per ultimo, visitiamo l'interessante Museo dei Mosaici Bizantini,
provenienti da varie parti del Paese e, in particolare, da Tiro, Jiyyé e
Ouzai. Il museo è stato allestito, in maniera molto semplice ma estremamente
suggestiva, nelle magnifiche ex-scuderie Dar el-Wusta e Dar el-Harim. Tale
raccolta è considerata fra le più importanti del Medio Oriente.

Altri mosaici punteggiano i bellissimi giardini, come una sorta di aiuole di
pietra.

Pranziamo sulla piazza principale (midan) di Deir el-Qamar ("convento della
luna"), [url]http://www.deirelqamar.com[/url], villaggio di 2.500 abitanti che abbiamo
già attraversato arrivando da Beirut, e che rappresenta una delle pochissime
- e felici - eccezioni nel panorama urbanistico libanese, ovvero un comune
che si è dotato di un piano regolatore, che viene rispettato alla lettera.

Di conseguenza, niente orrendi palazzoni in cemento armato, da queste parti,
ma case di dimensioni "umane", nello stile tradizionale libanese, in pietra
e coi tetti di tegole rosse, abbarbicate lungo ripide viuzze e scalinate, e
che fanno da cornice ai sobri palazzi del midan e che risalgono alle
dinastie Ma'an e Shihab, allorché Deir el-Qamar era la capitale dell'Emirato
dello Shuf.

In quello che fu il serraglio di Fakhreddine II, progettato e costruito da
Italiani dopo il suo esilio in Toscana (dove fu ospite di Cosimo de'
Medici), e ora di proprietà della famiglia Baz, è stato allestito un museo
delle cere terribilmente kitsch!:-) Ma l'edificio che lo ospita è davvero di
grande suggestione.

Non manca di fascino neanche la chiesa di Saidet-el-Tallé (Nostra Signora
della Collina), dalla storia molto antica (come di regola, in questo Paese).
Una prima chiesa, poi distrutta dal terremoto dell'859, era stata eretta al
posto di un tempio fenicio dedicato ad Astarte. Quella attuale, maronita, la
cui statua della Vergine Maria è venerata sia dai Drusi che dai Cristiani,
risale al Cinquecento. Folle di pellegrini accorrono da tutto il Paese la
prima domenica di agosto, quando si festeggia, appunto, la ******* (il culto
mariano è radicatissimo, in Libano).

La piccola moschea del midan è la più antica dello Shuf. Fu voluta da
Fakhreddine I per i mercenari musulmani inviatigli in aiuto dal sultano
turco. E' una costruzione molto semplice e disadorna, con la particolarità
di avere un minareto ottagonale, anziché rotondo.

Di ritorno a Beirut, facciamo un giro nel quartiere di Gemmayzé, che è un
po' l'emblema dello scempio urbanistico che si sta compiendo in città e, più
in generale, nell'intera nazione. La speculazione edilizia sta distruggendo
le rare aree verdi che ancora resistono (il verbo non è scelto a caso),
insieme alle abitazioni in stile tradizionale, come "assediate" nei loro
giardini, piccole e arruffate "giungle urbane", delizioso guazzabuglio di
oleandri, gelsomini, rose, bouganvillea, fiori d'arancio, glicine. In rue
Sursock, l'omonimo museo, attualmente in ristrutturazione e chiuso al
pubblico, notevole esempio di residenza patrizia dei primi del Novecento,
verrà presto totalmente "schiacciato" da un condominio di non so quanti
piani, dall'architettura del tutto anodina, che metterà in ombra anche la
sede dell'Arcivescovado Ortodosso e il suo splendido giardino, dall'altra
parte della strada.

Scendiamo la scalinata Saint-Nicolas, che ricorda certi angoli della Plaka o
di Montmartre e che conduce alla rue Gouraud, affollatissima di locali di
ogni genere, fra i quali una steak-house argentina, "La Estancia", dove
ceniamo (ottimamente).

Mercoledì 19 maggio:

L'escursione di oggi si preannuncia molto interessante dal punto di vista
paesaggistico. Percorreremo, infatti, la Valle della Kadisha, per salire
fino a 2.000 metri s.l.m., ad ammirare la foresta di cedri detta Arz el-Rabb
(Cedri di Dio). La valle e la foresta sono un sito Unesco, al pari di Anjar,
Baalbeck, Byblos e Tiro.

Le nostre aspettative non vanno certo deluse. All'altezza di Shekka,
lasciamo la strada costiera in direzione di Besharré. Il panorama è
mozzafiato: profondi dirupi, fittissima vegetazione che ricopre le pendici
dei monti, con il giallo squillante della ginestra a ravvivare il verde
scuro degli arbusti e degli alberi, l'azzurro intenso e limpido del cielo,
il candore abbagliante della neve sulle cime lontane.

La prima sosta è al Museo Gibran, nel summenzionato villaggio di Besharré
(1.400 metri s.l.m.), dove il poeta era nato nel 1883, e dove volle che
tornassero le sue spoglie (morì a New York nel 1931). La sua bara è
conservata nella ******** dell'ex-monastero in cui è stato allestito il
museo, che raccoglie molti quadri e disegni di Gibran, oltre a libri, mobili
e altri oggetti che gli sono appartenuti.

Dopo l'inquinamento e la confusione di Beirut, è un tale sollievo respirare
quest'aria pura e fresca, che contrasta deliziosamente con il calore del
sole. Nell'accogliente giardino del museo, "regno" di alcuni gatti bianchi e
neri ben pasciuti, chiacchieriamo con Wassam, la nostra guida, che è anche
archeologo e docente universitario. Nel suo francese impeccabile, ci parla
di Gibran, di come il suo ateismo sia tutt'oggi assai impopolare fra i
Libanesi, popolo profondamente religioso. Ci illustra l'antichissima,
complicatissima storia del suo Paese, da sempre crocevia del mondo
mediterraneo e mediorientale. Del bizzarro mélange cananeo, persiano,
assiro, greco, romano, bizantino, arabo, europeo e turco che ne è venuto
fuori. Una nazione con 18 denominazioni religiose riconosciute ufficialmente
e così tanti retaggi culturali diversi, al centro di una regione percorsa da
interessi politici ed economici in (quasi) perenne conflitto, sfugge a
qualsiasi facile "etichettatura" e la rende, inevitabilmente, un luogo che
affascina e incuriosisce, ricco di contrasti, anche stridenti. Come, ad
esempio, gli ancora numerosi edifici più o meno gravemente danneggiati
durante la guerra civile (1975-1990), con accanto lussuosi edifici nuovi di
zecca, o auto di grossa cilindrata che hanno l'aria di essere appena uscite
dal concessionario, che circolano (o, più sovente, restano bloccate in
interminabili e laocoontici ingorghi) in mezzo a veicoli vecchissimi, che
solo la ruggine sembra tenere insieme.

Mélange che si evince anche dal loro modo di parlare: i Libanesi, infatti,
mischiano continuamente parole arabe, francesi e inglesi, nelle loro - in
genere assai animate - conversazioni.

In meno di mezz'ora, saliamo ancora di 600 metri e, finalmente, ci troviamo
di fronte ai Cedri di Dio, di cui due dovrebbero avere circa 3.000 anni,
dieci più di mille e oltre 360 alberi hanno diverse centinaia d'anni.

Prevedibilmente, la strada che costeggia la foresta è diventata una "tourist
trap", con dozzine di bancarelle di souvenir che vendono tutte la stessa
paccottiglia, ma basta addentrarsi fra gli alberi, e sembra che null'altro
esista, al di fuori di questi "giganti silenziosi", che spargono nell'aria
la loro inconfondibile fragranza. E' così piacevole fermarsi all'ombra delle
radure, osservare le enormi sagome che si stagliano nitidissime contro il
cielo terso...

Quando si dice il tempismo: proprio mentre ce ne stiamo andando via, in un
istante arrivano nuvole bassissime, che nascondono, di colpo, la foresta ai
nostri sguardi. E' come se un immenso, diafano velo l'avesse ricoperta,
rendendo questo luogo ancora più magico.

Il ristorante dell'Hotel Le Cedrus, "Le Pichet", ci offre un caldo e
accogliente riparo dall'improvvisa umidità. Dopo un buon pranzetto,
ridiscendiamo, sempre immersi nelle nubi, verso la terza e ultima tappa
della giornata, il monastero di Sant'Antonio di Kozhaya,
[url]http://www.qozhaya.com[/url]

Anche questo monastero gode di una bellissima posizione, a mo' di "nido
d'aquila", e ha un significato storico-culturale di notevole importanza. Fu
qui, infatti, che, nel Cinquecento, venne impiantata la prima tipografia del
mondo islamo-arabo (in caratteri siriaci). Per ricordarla, in uno degli
edifici che compongono il complesso monastico, è stato allestito un piccolo
ma interessante museo, dove sono esposti anche manoscritti, oggetti
cultuali, vesti sacerdotali, una croce tempestata di diamanti (dono di Luigi
IX il Santo), attrezzi agricoli.

Nella facciata della chiesa, ritroviamo lo stesso stile del Palazzo di
Beiteddine.

Ritorniamo a Beirut passando da Ehden, e solo arrivando nei pressi della
costa, le nuvole, finalmente, si diraderanno del tutto.

Stasera ceniamo con due amici libanesi, Gilberte e Raymond, che ci hanno
invitati in un ottimo ristorante di Ashrafieh, "Abd el Wahab" (dal nome del
famoso cantante egiziano). Sediamo a un tavolo sulla grande terrazza piena
di verde, al primo piano del locale. Sia le mezzé che gli spiedini sono
squisiti! La serata trascorre piacevolmente, chiacchierando di mille
argomenti diversi, condividendo del buon cibo (e del buon vino:-)). Sia la
terrazza che la sala al pianterreno sono affollatissime. La maggior parte
dei commensali è autoctona, che è sempre un ottimo segno.

(Segue)

*************************************************************************************

Anticipo un po' di "info pratiche":

Middle East Airways (compagnia di bandiera libanese; voli diretti da
Malpensa e Fiumicino su Beirut), [url]http://www.mea.com.lb[/url]

Nakhal (TO libanese; per le escursioni e i trasferimenti aeroportuali),
[url]http://www.nakhal.com.lb[/url]

Beirut, Hotel Casa d'Or, [url]http://www.casadorhotel.com[/url],
[url]http://tinyurl.com/33ajroz[/url] (TripAdvisor)

Tiro (Sour), Hotel e ristorante Al Fanar, [url]http://www.alfanarresort.com[/url]

Deir El Qamar, caffè-ristorante Al Midan (sulla piazza principale del
villaggio), tel. 03.763768

Beirut, steak-house argentina La Estancia, rue Goureaud, Gemmayzeh, tel.
01.442281, [url]http://www.beiruting.com/la-estancia[/url]

Les Cèdres, ristorante Le Pichet (Hotel Le Cedrus),
[url]http://www.cedrushotel.com[/url]

Beirut, ristorante Abd El Wahab, 51, rue Abdel Wahab El Inglizi, Ashrafieh,
tel. 01.200550/1, [url]http://www.ghiaholding.com/ghia.html[/url]

********************************************************************************************

Ciao,

Carla

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Vecchio 26-05-2010, 19.04.16
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On Wed, 26 May 2010 17:45:03 +0200, carla polastro
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>Lunedì, 17 maggio:[/color]

ciao Carla, sentivo la tua mancanza, dopo leggerò la recensione;
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On Wed, 26 May 2010 17:45:03 +0200, carla polastro
<carlaTOpolastroGLIMI@inwind.it> wrote:
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On Wed, 26 May 2010 17:45:03 +0200, carla polastro
<carlaTOpolastroGLIMI@inwind.it> wrote:
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ciao Carla, sentivo la tua mancanza, dopo leggerò la recensione;
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