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Vecchio 30-12-2009, 09.34.24
Domanda
 
Messaggi: n/a
Predefinito (OT) VIVA L'ITALIA, che bel paese...

[url]http://www.repubblica.it/2009/12/sezioni/cronaca/ragazzo-braccia/ragazzo-braccia/ragazzo-braccia.html[/url]

Privo di biglietto perché impossibilitato a farlo mostra i soldi
al controllore. Ma viene costretto a scendere dalla polizia
ferroviaria
Quel ragazzo senza braccia
sul treno dell'indifferenza
di SHULIM VOGELMANN


CARO direttore, è domenica 27 dicembre. Eurostar Bari-Roma. Intorno a
me famiglie soddisfatte e stanche dopo i festeggiamenti natalizi,
studenti di ritorno alle proprie università, lavoratori un po' tristi
di dover abbandonare le proprie città per riprendere il lavoro al
nord. Insieme a loro un ragazzo senza braccia.

Sì, senza braccia, con due moncherini fatti di tre dita che spuntano
dalle spalle. È salito sul treno con le sue forze. Posa la borsa a
tracolla per terra con enorme sforzo del collo e la spinge con i piedi
sotto al sedile. Crolla sulla poltrona. Dietro agli spessi occhiali da
miope tutta la sua sofferenza fisica e psichica per un gesto così
semplice per gli altri: salire sul treno. Profondi respiri per calmare
i battiti del cuore. Avrà massimo trent'anni.

Si parte. Poco prima della stazione di (...) passa il controllore. Una
ragazza di venticinque anni truccata con molta cura e una divisa
inappuntabile. Raggiunto il ragazzo senza braccia gli chiede il
biglietto. Questi, articolando le parole con grande difficoltà, riesce
a mormorare una frase sconnessa: "No biglietto, no fatto in tempo,
handicap, handicap". Con la bocca (il collo si piega innaturalmente,
le vene si gonfiano, il volto gli diventa paonazzo) tira fuori dal
taschino un mazzetto di soldi. Sono la cifra esatta per fare il
biglietto. Il controllore li conta e con tono burocratico dice al
ragazzo che non bastano perché fare il biglietto in treno costa, in
questo caso, cinquanta euro di più. Il ragazzo farfugliando le dice di
non avere altri soldi, di non poter pagare nessun sovrapprezzo, e con
la voce incrinata dal pianto per l'umiliazione ripete "Handicap,
handicap".

I passeggeri del vagone, me compreso, seguono la scena trattenendo il
respiro, molti con lo sguardo piantato a terra, senza nemmeno il
coraggio di guardare. A questo punto, la ragazza diventa più dura e si
rivolge al ragazzo con un tono sprezzante, come se si trattasse di un
criminale; negli occhi ha uno sguardo accusatorio che sbatte in faccia
a quel povero disgraziato. Per difendersi il giovane cerca di scrivere
qualcosa per comunicare ciò che non riesce a dire; con la bocca prende
la penna dal taschino e cerca di scrivere sul tavolino qualcosa. La
ragazza gli prende la penna e lo rimprovera severamente dicendogli che
non si scrive sui tavolini del treno. Nel vagone è calato un silenzio
gelato. Vorrei intervenire, eppure sono bloccato.

La ragazza decide di risolvere la questione in altro modo e in
ossequio alla procedura appresa al corso per controllori provetti si
dirige a passi decisi in cerca del capotreno. Con la sua uscita di
scena i viaggiatori riprendono a respirare, e tutti speriamo che la
storia finisca lì: una riprovevole parentesi, una vergogna senza coda,
che il controllore lasci perdere e si dedichi a controllare i
biglietti al resto del treno. Invece no.
Tornano in due. Questa volta però, prima che raggiungano il giovane
disabile, dal mio posto blocco controllore e capotreno e sottovoce
faccio presente che data la situazione particolare forse è il caso di
affrontare la cosa con un po' più di compassione.

Al che la ragazza, apparentemente punta nel vivo, con aria acida mi
spiega che sta compiendo il suo dovere, che ci sono delle regole da
far rispettare, che la responsabilità è sua e io non c'entro niente.
Il capotreno interviene e mi chiede qual è il mio problema. Gli
riepilogo la situazione. Ascoltata la mia "deposizione", il capotreno,
anche lui sulla trentina, stabilisce che se il giovane non aveva fatto
in tempo a fare il biglietto la colpa era sua e che comunque in
stazione ci sono le macchinette self service. Sì, avete capito bene: a
suo parere la soluzione giusta sarebbe stata la macchinetta self
service. "Ma non ha braccia! Come faceva a usare la macchinetta self
service?" chiedo al capotreno che con la sua logica burocratica mi
risponde: "C'è l'assistenza". "Certo, sempre pieno di assistenti delle
Ferrovie dello Stato accanto alle macchinette self service" ribatto
io, e aggiungo che le regole sono valide solo quando fa comodo perché
durante l'andata l'Eurostar con prenotazione obbligatoria era pieno
zeppo di gente in piedi senza biglietto e il controllore non è nemmeno
passato a controllare il biglietti. "E lo sa perché?" ho concluso.
"Perché quelle persone le braccia ce l'avevano...".

Nel frattempo tutti i passeggeri che seguono l'evolversi della vicenda
restano muti. Il capotreno procede oltre e raggiunto il ragazzo
ripercorre tutta la procedura, con pari indifferenza, pari
imperturbabilità. Con una differenza, probabilmente frutto del suo
ruolo di capotreno: la sua decisione sarà esecutiva. Il ragazzo deve
scendere dal treno, farsi un biglietto per il successivo treno diretto
a Roma e salire su quello. Ma il giovane, saputa questa cosa, con lo
sguardo disorientato, sudato per la paura, inizia a scuotere la testa
e tutto il corpo nel tentativo disperato di spiegarsi; spiegazione
espressa con la solita esplicita, evidente parola: handicap.

La risposta del capotreno è pronta: "Voi (voi chi?) pensate che siamo
razzisti, ma noi qui non discriminiamo nessuno, noi facciamo soltanto
il nostro lavoro, anzi, siamo il contrario del razzismo!". E detto
questo, su consiglio della ragazza controllore, si procede alla fase
B: la polizia ferroviaria. Siamo arrivati alla stazione di (...). Sul
treno salgono due agenti. Due signori tranquilli di mezza età. Nessuna
aggressività nell'espressione del viso o nell'incedere. Devono essere
abituati a casi di passeggeri senza biglietto che non vogliono pagare.
Si dirigono verso il giovane disabile e come lo vedono uno di loro
alza le mani al cielo e ad alta voce esclama: "Ah, questi, con questi
non ci puoi fare nulla altrimenti succede un casino! Questi hanno
sempre ragione, questi non li puoi toccare". Dopodiché si consultano
con il capotreno e la ragazza controllore e viene deciso che il
ragazzo scenderà dal treno, un terzo controllore prenderà i soldi del
disabile e gli farà il biglietto per il treno successivo, però senza
posto assicurato: si dovrà sedere nel vagone ristorante.

Il giovane disabile, totalmente in balia degli eventi, ormai non tenta
più di parlare, ma probabilmente capisce che gli sarà consentito
proseguire il viaggio nel vagone ristorante e allora sollevato, con
l'impeto di chi è scampato a un pericolo, di chi vede svanire la
minaccia, si piega in avanti e bacia la mano del capotreno.

Epilogo della storia. Fatto scendere il disabile dal treno, prima che
la polizia abbandoni il vagone, la ragazza controllore chiede ai
poliziotti di annotarsi le mie generalità. Meravigliato, le chiedo per
quale motivo. "Perché mi hai offesa". "Ti ho forse detto parolacce? Ti
ho impedito di fare il tuo lavoro?" le domando sempre più incredulo.
Risposta: "Mi hai detto che sono maleducata". Mi alzo e prendo la
patente. Mentre un poliziotto si annota i miei dati su un foglio
chiedo alla ragazza di dirmi il suo nome per sapere con chi ho avuto
il piacere di interloquire. Lei, dopo un attimo di disorientamento,
con tono soddisfatto, mi risponde che non è tenuta a dare i propri
dati e mi dice che se voglio posso annotarmi il numero del treno.

Allora chiedo un riferimento ai poliziotti e anche loro si rifiutano e
mi consigliano di segnarmi semplicemente: Polizia ferroviaria di
(...). Avrei naturalmente voluto dire molte cose, ma la signora seduta
accanto a me mi sussurra di non dire niente, e io decido di seguire il
consiglio rimettendomi a sedere. Poliziotti e controllori abbandonano
il vagone e il treno riparte. Le parole della mia vicina di posto sono
state le uniche parole di solidarietà che ho sentito in tutta questa
brutta storia. Per il resto, sono rimasti tutti fermi, in silenzio, a
osservare.
L'autore è scrittore ed editore
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