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Vecchio 11-06-2007, 00.08.47
Tigre 31
 
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Predefinito Viaggio nel Middle East




Trekking in Middle East



Parto da Roma nel pomeriggio del 16 Ottobre del 1993 destinazione Jeddah.

Arrivo alle ore 2o locali.
E' notte fonda, dall'aereo si vede sotto di noi una città fantasmagorica
piena di luci. Ne ho viste tante città dall'alto, ma questa batte tutti...
si vede che l'energia è a buon mercato.

All'aereoporto prendo un taxi guidato da un vecchio arabo con il quali
inizio una difficile trattativa in quanto non ha il tassametro, alla fine ci
mettiamo d'accordo per 5O dollari , pronunciati come nei film di Stanlio ed
Olio.
Si costeggia il mar Rosso, chiedo "Red Sea?", "Yes" - risponde il vecchio.
Penso a quando Mosè lo attraversò con il suo popolo. Nel porto una nave
scarica i suoi idranti in cielo, illuminati dai riflettori, penso che il
getto arrivi a 150 m e fa un bell'effetto.

Arrivo all'hotel dopo le 22.
Faccio la registrazione alla reception e via a nanna.
In camera trovo un cesto con frutta tropicale, sul guanciale un bel
cioccolatino. Un'occhiata alla TV, metto l'orologio due ore avanti e mi
addormento.

Ore 6: mi alzo e vado a vedere una moschea. Dal minareto 4 altoparlanti
servono per chiamare alla preghiera i fedeli ben 5 volte al giorno.

Faccio conoscenza con le piccole mosche arabe, il cui sogno è di poter
entrare nella narice di un europeo... sono come i nostri moscherini ma più
agili.

Osservo ad una palma l'irrigazione goggia a goccia, copiata agli israeliani,
con i quali non vogliono contatti i nostri arabi.

Ore 8: sono di nuovo all'hotel. Lauta colazione con dolci esclusivamente a
base di miele (infatti al ritorno a casa dopo una settimana pesavo due
chilogrammi in più). Vado nella hall, in perfetto stile moresco ed in marmo
di Carrara , circa 60 x 80 m, noto che l'hotel ha 450 rooms. E' stato fatto
una decina di anni fa grazie ai nostri petrodollari. Ai lati poltrone
all'europea, poi cuscini dove ci si accoccolano gli arabi, più varie selle
da cammello... mi ci provo ma sono scomodissime.

Ore 8,30: mi posiziono alla reception, punto di incontro con la mia
controparte. All'occhiello il secondo distintivo della mia vita, quello
della mia azienda (il primo era quello del fascismo costretto a indossare da
giovanetto).

Ore 9: arriva un signore vestito all'europea, chiede al receptionist di me,
mi presento. Da ora in avanti userò in alcune discussioni il mio poco
inglese in forma orale.

"ADODUYODU ' FAIN TEN YIU" - facciamo le presentazioni con la visit card.
Si chiama Ayman, è siriano e responsabile del gruppo negli accessori. Mi
porta verso la sua sede. Mi sembra che ce l'abbia con Assad, mi spiega che
il loro capo è francese però Madame è siriana. Nei 420 venditori del gruppo
moltissimi sono suoi connazionali.

Sfodero il mio discorso in inglese, chi sono e cosa desidero fare nella
visita, tralascio articoli e verbi, però riusciamo ad intenderci. E' la
prima volta che ricevono un imprenditore italiano.
Si arriva nel grande ufficio: un blocco modernissimo, accanto vedo delle
costruzioni stile coloniale di un centinaio di anni fa che vengono distrutte
da un bulldozer (rivedo i palazzi dei film dell'Oriente misterioso di prima
della guerra). In giro quasi esclusivamente uomini, tutti con baffetti e
tutti con una palandrana bianca che si chiama toop; donne pochissime sia con
chador sia con altro (qualcuna anche con maschere nere dalle quali si vedono
solo gli occhi).
Molte macchine vecchie americane e nuove giapponesi. La benzina costa 25
centesimi di dirham al litro, pari a 106 lire - dell'acqua, nelle altre
nazioni che visiterò successivamente sulle 500 lire.

Chiedo la temperatura: "Forty, in July about sixty."
I o sono un tremolone, la prossima volta verrò in luglio.

Si comincia con le presentazioni, magazzini bellissimi, pochi clienti
nessuno alle casse, primo ordine di un 500 pezzi.
Secondo magazzino, molto bello, il titolare dice di avere un commesso
eritreo dell'Asmara che "spick itelian", lo portano in mia presenza. Dice
che suo padre è stato militare con gli italiani (ascaro) ed a lui ha
insegnato questa lingua, molti nel suo paese la usavano... Si mette seduto
di fronte a me , si toglie i sandali e si palpeggia i piedi. Arabi e
abitanti dei dintorni con i loro piedi hanno la stessa domestichezza di noi
con le mani. L'uomo può avere dai 40 ai 45 anni, mi viene in mente una
domanda che non pensavo mai di poter fare nella mia vita: "Come erano i
colonialisti italiani in Eritrea?" L'eritreo risponde nel suo italiano: "Mai
fada diceve che Taliani essere poverri quasi quanto noi." Ho capito, siamo a
posto.

Altri ordini e presentazioni. Ore 19: Ayman chiama un taxi poi mi dice: "For
you to Bahrein, greeting Elias, mai frend accessory local". Non avevo capito
che lui ed i venditori seguenti per gli altri giorni successivi si sarebbero
passato il sottoscritto, con il relativo campionario, come un pacco postale.

Io con le mie poche parole di inglese ogni tarda serata avrei dovuto fare da
500 ai 2000 km per essere la mattina dopo in un'altra nazione araba.

Partenza per Bahrain. Mi viene subito in mente un giornale radio del 1942:
"Oggi i nostri bambardieri S.79 hanno colpito le raffinerie di Bahrain"...
ne fecero di strada.

Parto con la compagnia Emirates, le cui hostess hanno una divisa esatta come
quella di Jinny, la genietta di J. R. in una fortunata serie televisiva nel
quale lo chiamava sempre "Padrone".
Le ragazze sono tutte pienotte... i loro paesi di origine Germania, Olanda e
qualche inglese. Sono tutte bionde e di peso fra i 60 ed i 70 kg, gli arabi
aborrono le donne crissino. Negli aereoporti trascivano stancamente i loro
carrellini con le borse e portavano il velo come Jinny.

Pranzo non da cucina internazionale ma locale: troneggiava una specie di
ricottina, immagino di latte di cammella. L'arabo accanto me, che pregava
dalla partenza, si mise nel toop il grosso rosario di plastica rossa e per
prima cosa si mangiò questa ricottina.
Sullo schermo di fianco al cinema era ben marcata la Mecca, sullo schienale
un piccola TV, con una decina di programmi della zona, per cambiare
accendere e spengere bastava cliccare con il dito.

Siamo a DOHA ( pronunciata DOKA) . In un angolo dell'aereoporto vedo un paio
di centinaia di scarpe, più avanti circa 200 arabi genuflessi , o come
meglio si dice in Toscana a "buco punzoni". Mi immagino che sia l'ultima
preghiera della giornata. In questa località vi è la scuola delle hostess
della Emirates. Salgono 13 ragazze con le quali riesco a dialogare e asapere
quanto sopra..Ad una le auguro di sposarsi un ricco sciecco e finire in un
harem , Lei si schernisce.

Ore 2: arriviamo a Baharain, un tre errato e trasformato il 5 sul visa
(visto in uso in quasi tutti i paesi del Golfo, rilasciato, in questo caso
dal mio agente) che mi ringiovaniva di 2O anni mi blocca alla dogana. Mi
faccio ripetere con calma la cosa poi gli faccio il discorsino in inglese
con la mia data di nascita sul passaporto, il funzionario capisce e mi fa
entrare. Arrivo all'albergo, stesse pratiche a vado a nanna. Alla TV
trasmettono nenie arabe, ormai mi ci sono abituato.

Ore 5: dal minareto di una moschea vicina l'altoparlante chiama i fedeli
alla prima preghiera. Mi alzo e vado a vedere la cittadina: bella
vegetazione tropicale, un lungo ponte la collega alla Saudi Arabia.

Ore 9: sono in punteria alla reception, l'unico europeo in zona, vi sono
vari nipponici che battono sui loro computer portatili. Arriva un morettino
sulla trentina , si chiama Elias è libanese di Beiruth, scappato a causa
della guerra ,che ha travagliato la sua nazione per quasi 20 anni. Mi dice
in inglese che a lui piacciono , gli italiani, sebbene ne abbia visti ben
pochi: sono in gamba, intraprendenti, improvvisatori. "Caro Elias" - gli
dico - dopo che fummo invasi dagli etruschi 3-4000 anni fa che provenivano
dalle vostre parti, abbiamo avuto barbari da tutte le parti del mondo.
L'italiano è abituato ad arrangiarsi ed a combattere tutte le difficoltà
possibili, comprese quelle create dai propri governanti. Siamo sempre in
crisi, però siamo sempre andati avanti..."
Mi porta al suo office e poi in giro presso department stores. Qualcuno
compra, altri rimandano alla prossima visita. Capisco che la controparte
araba si sente realizzata nella trattativa e la dilunga al massimo. Sono
mercati in cui non è possibile fare grossi ordini perchè gli abitanti sono
scarsi, vestono alla loro maniera. Un esercito di " Vu Cumpra'" indiani,
africani e filippini risparmiano il centesimo per inviarlo alle loro
famiglie, non possono essere consumisti.

Altro viaggio per Kuwait city. Sono solo 2000 km. Solita Emirates, la Mecca
sullo schermo, arabi oranti..,
Di simpatico le hostess Jinny: queste ragazzone del nord sembrano ben
acclimatate.

All'aereoporto vedo un cartello con il mio nome: lo tiene un signore sulla
cinquantina, è George, un greco della mia agenzia, solita chiacchierata e
poi a nanna.
Il giorno di poi altre presentazioni ,con vari ordini.

La città è bellissima: piaceva a Saddam, piace anche a me.
Qui la sosta era di due giorni, il secondo giorno avevo l'appuntamento con
George alle 16, così un'ora prima mi tolgo giacca e camicia e vado in giro.
,Incappo nella preghiera delle 15. Sento i nastri registrati dei muezzin dai
minareti delle 130 moschee: da diventare pazzi per il rimbombo di Hallah il
grande.

Quella sera riparto per Dubai con i miei bagagli più i due campionari della
mia azienda. Ho sempre odiato viaggiare con molti bagagli, questa volta
avevo un trolley pieno.

Dubai é il più importante centro della agenzia che mi rappresenta in 12
nazioni arabe, vi lavorano ben 94 venditori, ed ha uffici meravigliosi, così
mi assicura George, congedandomi.

Arrivo a mezzanotte e subito trovo Selim, un vicedirettore dell'agenzia.
Selim è cristiano maronita, non apprezza i mussulmani trovandoli pieni di
fanatismo religioso.
Mi porta al Continental, un megalbergo di 650 camere in due corpi distinti
prospiciente il porto, a sinistra il Golfo Persico a destra l'oceano
Indiano. Fissiamo: "Eit o clock" per il mattino dopo. Vado a letto, accendo
BBC ASIA e mi documento sugli avvenimenti nel mondo. Della nostra nazione
nessuna notizia, penso che nessuna nuova equivale a buone nuove. Trovo un
Mon Chéri sul guanciale: la Ferrero è arrivata anche qui. Osservo il mega
frigobar che mi sembra un negozio più che un frigobar da hotel. Ci sono
10-12 liquori, una ventina di bibite varie, succhi. Assaggio il Canada Dry,
del quale ne ho sentito parlare da tempo ma mai bevuto: non è di mio gusto.
C'è anche nel frigo una ventina di tipi di dolci, infine una decina di tipi
di biscotti e patatine varie. Sul tavolo un bel vassoio di frutta tropicale
ed inconsueta, ad esempio un tipo di pere, piccole e succose, mai viste.

Dubai è un centro strategico eccezionale. Qui fanno capo le aviolinee che da
Jacarta-Hong Kong, Bangkok, Delhi ecc. vanno e vengono verso l'Europa.

Ore 5: solita sveglia del muezzin che vuole che vada a pregare per Hallah.
Mi alzo, mangio il cesto della frutta della sera, un bell'idromassaggio e
scendo in strada.
La sera avevo messo l'orologio avanti di tre ore su un monoscopio TV, forse
iraniano, dirimpettaio, però non ne ero sicuro. La puntualità è sempre stata
il mio forte. Inizio la camminata sul molo cercando un orologio. Al primo
arabo che incontro gli sparo un: "Quic Auar" e lui risponde seven o'clock.
Avevo visto bene, siamo tre ore avanti. Accelero la camminata, poi poco dopo
le 7 ritorno all'hotel telefono a mia moglie e vado a fare colazione.
La sala delle colazioni è un mezzo ettaro di superficie, conto i prodotti:
oltre 120, fra cui 8 pentoloni di rame dove bollivano dei prodotti
sconosciuti. La mia regola era quella della maxicolazione, poi a mezzogiorno
Enervit, la sera frutta in camera. Data la mia età fare un pranzo
impegnativo a mezzogiorno mi ottenebrava i riflessi per trattare gli affari.


Arriva Selim ed è preoccupato per la figlia che ha la febbre, mi porta
all'office.
E' un bellissimo centro commerciale sul genere americano tutto il IV piano è
occupato dagli uffici dell'agenzia solo di case di moda francesi. L'agenzia
ne ha ben 26, poi americane, inglesi ecc. non solo di moda, ma di ceramiche
, cosmesi, chincaglieria ecc.
Per entrare si fa "apriti sesamo": c'è un quadretto collegato al PC, in
quella settimana si batte 15-56 e la porta si apre, quella di poi non lo so,
altra combinazione...
Conosco uno dei figli del titolare: Patrick, di aspetto inglese, età 30 anni
, il quale scorre pagineWEB sul suo PC, segue le notizie del Finalcial
Times. Io allora non riuscì a capire che era Internet, solo l'anno di poi in
Australia mi renderò conto della più grande realizzazione del secolo.
Pensavo fosse un sistema nuovo di trasmissione a distanza di giornali. Per
prima cosa mi inviata a giocare al golf, dice che c'è un golf bellissimo, il
giorno dopo lo vedrò passandoci per andare da un cliente. Gli dico che non
ho mai preso in mano una mazza, mi invita allora a pranzo, declino e gli
spiego dell' Enervit. Per tutto il periodo devo combattere con i clienti che
mi vogliono invitare a pranzo ed io a spiegare queste barrette
ipocaloriche... mi sembrava di essere un agente della Also.

Visitiamo vari department stores e facciamo un paio di ordini. La sera
andremo a Abu Dhabi. Selim mi spiega che Abu vuol dire padre, cioé il padre
di Dhabi (father).

Lasciamo Dubai e imbocchiamo una bellissima autostrada a 4 corsie con i
lampioni ogni 70-80 metri.
Passiamo da Gebel Ali, porto franco, dove l'agenzia ha un paio di ha di
terreno fabbricativo per sviluppi futuri, vedo un grandissimo dissalatore
dell'acqua marina e varie fabbriche. Vedo per la prima volta le alzanelle
per rallentare: sono della 3M, la segnalazione è a mille metri poi ogni 250
metri viene ripetuta. Il traffico è esiguo: una macchina ogni chilometro.

Arriviamo ad Abu Dhabi, città che 20 anni fa non esisteva per niente, ma vi
era solo deserto. Ora ci sono grattacieli, parchi, viali, un porto
eccezionale... beati i nostri petrodollari.

Avevamo l'appuntamento con la compratrice filippina di un bellissimo
department store che guarda il campionario e promette un grosso ordine entro
una settimana, cosa che farà. Visitiamo altri clienti. E' una giornata di
sole splendida, poi rientriamo a Dubai sulla autostrada illuminata a giorno.
Subito a nanna, guardo BBC Asia: ci sono dei documentari interessanti. Era
giovedì sera, per i mussulmani è come il nostro sabato sera, sento in un
salone vicino musiche da ballo che cessano alle 2.

La domenica precedente avevamo lavorato come un giorno feriale... Selim mi
aveva chiesto una bottiglia di cognac, tutto il frigobar è in omaggio. La
mattina glielo porterò. In tutti questi paesi gli alcolici sono vietati come
i suini, però a Dubai per gli occidentali non esiste divieto ( io però non
ne consumo).

Il mattino dopo era festivo. Chiedo a Selim di portarmi in una fascia
desertica già adocchiata. Volevo fare una camminata nel deserto, mi mancava.
Fisso che mi venga a riprendere fra un ora. Il maronita è tranquillo, la
figlia non ha più la febbre.
Mi tolgo giacca, cravatta e camicia e incomincio la camminata.
Ci sono piccole dune, la sabbia non é la stessa che si trova su di una
spiaggia, è una polvere di sabbia, qualche piantina stenta ed è ridotta
genere cactus; animali ed insetti non ne ho visti.
Dopo tre quarti d'ora arrivano due poliziotti dubaensi. Si vede che qualcuno
, gli aveva segnalato un europeo pazzo nel deserto. Tiro fuori il mio
passaporto e con lo scarso inglese gli spiego la ragione di questa
camminata, se ne vanno tranquillizzati.


Ritorna Selim e mi accompagna all'albergo. E' contentissimo del liquore.

Il giorno dopo andiamo a Shjrak (Sciargia) , città a una decina di
chilometri da Dubai.

Poi faccio tappa in Oman, dove avevamo da anni un ottimo cliente, infine
rientro in Italia.

Una considerazione turistica sulle zone.
Negli aereoporti , ci sono fior di controlli, anche doppi o tripl irispetto
quelli da noi. La necessità di avere il VISA mette in difficoltà gli
eventuali turisti.

Sono zone diverse ed insolite, nel futuro avranno anche loro un buon flusso
turistico, per ora limitatissimo.

Noterete che non ho mai citato i cammelli. L'unico che vidi era sul molo di
Dubai ed era in terracotta.

Vi chiederete come sono gli arabi...
dei poveracci miracolati dai petrodollari. Tutti i posti di rilievo sono in
mano a palestinesi, libanesi, siriani, quegli infimi ai loro "vu cumpra'".

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