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Vecchio 05-04-2008, 11.03.02
alberto
 
Messaggi: n/a
Predefinito [RECE]Socotra Isl. (Yemen) - marzo 2008

Come richiesto posto le note direttamente :

"
Avevo accennato che lo scorso febbraio sarei partito per una crociera
sub fra le isole di Kamaran e Socotra , rispettivamente a ovest e sud
dello Yemen. Da un punto di vista subacqueo certamente due mete di
eccellenza. Purtroppo questioni famigliari prima e un disturbo
otologico poi mi hanno fatto desistere ed annullare le prenotazioni
ripromettendomi un nuovo tentativo appena possibile.

Casualmente, per i soliti motivi di lavoro, incontro un funzionario
della compagnia di bandiera yemenita e parlando del più e del meno
accenno brevemente alla mancata possibilità di visitare , almeno una
parte, del suo paese.

Passano alcuni giorni e ricevo una telefonata di questo signore. Mi
informa che, se voglio, ci sarebbe un posto per Sanaà disponibile come
tariffa dipendenti, quindi a condizioni buone e potrei quindi
convincermi della qualità dei servizi ecc ecc.

Prendo tempo, ma nei minuti successivi inizio a pensare che anche se
non potrei immergermi magari qualche giorno si potrebbe fare, insomma
inizio a creare una serie di autoconvincimenti che mi portano in
serata a confermare il volo, con la clausola però che vorrei comunque
raggiungere almeno Socotra, un'isola a 500 km a sud di Yemen. Il mio
gentilissimo corrispondente mi dice che non ci sono problemi.



Quattro giorni per preparare una gita, seppur di soli 9 giorni, non
sono molti. Ma come mi ricorda Beppe (Giumak) la voglia che hai nelle
scarpe non sparisce, rimane li magari sopita per anni e poi inizia a
farsi viva. Che dire, un borsone, due paia di pantaloni, qualche
maglia, il cappello con il cordino per non farlo volare via, e tutte
le poche e piccole cose che servono in posti lontani.

Il visto lo ottengo in giornata grazie al mio contatto a Roma ed a una
telefonata di appoggio.

Mi scopro incuriosito per un viaggio che sarà una sorpresa in tutti i
sensi.



Il volo con un A310 non recentissimo è normale, il catering di bordo
per dirla alla tedesca " unter aller Wuerde", peggio di così... Come
solito dormo e all'arrivo a Sanaà mi reco agli uffici della compagnia
per avere lumi circa il mio albergo. Prima delle sorprese, sono già
atteso su un altro aereo in partenza per Mukalla, a sud del paese
sulla costa. Dopo innumerevoli formulari da firmare e controfirmare mi
portano con una Zigulì testimone di antiche alleanze sulla pista e
salgo su un Antonov AN26 turboelica del servizio postale nazionale.
Sono l'unico passeggero, assieme a diverse casse di materiale tecnico
e sacchi di latte in polvere. Non riesco neanche a vedere i piloti e
mi rassegno durante l'ora di volo a guardare lo Yemen dal piccolo oblò
del portellone. Poco male , penso, mi rifocillerò a Mukalla e già
penso alla probabilità di una passeggiata in giro a curiosare.

Errore. Arriviamo che è quasi buio, mi portano in una palazzina a lato
della "aerostazione" e vengo informato che per ragioni di sicurezza
non posso uscire, che dormirò li assieme ai piloti e che il mattino
dopo di buon ora si prosegue per Socotra col favore della luce. Va
bene, un pasto semplice ma robusto sancisce una serata tutto sommato
quieta e strana. Assaggio la Salta, una zuppa gustosa e tiepida, e
inizio a lacrimare e sudare mentre mangio la Haradha, un polpettone di
carne e pepe e chissà quale altra spezia che mi tiene compagnia tutta
la notte. Il the non manca e scopro che quello yemenita è un diuretico
straordinario. Rifiuto il qat che viene costantemente masticato dai
meccanici, mentre la tv trasmette un canale religioso che mostra , non
ridiamo, un concorso di declamazione di sure coraniche in diretta da
Medina. Il Pippo Baudo saudita è struggente nelle sue acclamazioni, lo
spettacolo favorisce il sonno per fortuna.



Sabah al khir, alle 5 in punto siamo in piedi e assisto al pieno del
AN26. Sarà il clima, o pura prevenzione, ma lo stato generale di
questa macchina volante sovietica mi pare sul de minimis estremo. Sono
confortato dal fatto che contemporaneamente i miei due piloti, Mustar
e Ahmed, stendono i tappetini verso nord ovest e compiono il primo
atto di preghiera. Allah , o chi per lui, ci sarà vicino.

Il volo è routine, l'atterraggio a Mouri un po meno. Forti raffiche di
vento ci fanno saltellare un bel po e Ahmed ferma il catorcio a fondo
pista e si spegne un motore. Beh, le preghiere si vede che sono
servite. Un gippone d'annata viene a recuperarci con molta calma,
ragazzi siamo su un altro pianeta.



Socotra è una'isola che per certi versi potrebbe gemellarsi con
Galapagos. Lontana dalle coste continentali, vulcanica, ruvida con una
biodiversità marcata ed orgogliosa. Ad iniziare da comici geki
grugnuluti, che mi ricordano l'espressione sbigottita e basedoviana di
Veltroni.

Incontro Khadi , il mio contatto, ed è subito simpatia. Uno dei pochi
che durante i miei viaggi non mi abbia messo in imbarazzo con il
calcio. Infatti non essendone interessato minimamente ne capisco di
conseguenza. Khadi lavora per l'organismo statale di controllo
ambientale. Stanno facendo un notevole lavoro di consolidamento delle
risorse naturali e dei consumi locali, perseguendo un progetto di
protezione di questo angolo unico del nostro pianeta. Mi vengono in
mente le nostre periferie, Secondigliano , Quarto Oggiaro,
l'indifferenza del nostro popolo e qui dove manca tutto ciò che a noi
pare importante si danno da fare senza alzare la voce.



Il lavoro non manca. Khadi mi spiega nel suo inglese di timbro
ieratico-saudita, a grandi linee gli estremi del progetto. Gli
abitanti, quasi 50mila, di questa grossa isola sono da incoraggiare a
sviluppare un sistema globalmente sostenibile per il complesso
ambientale tipico del territorio, senza snaturare le punte di
eccellenza che sono le coste, i vegetali, alcune fra le tipologie
animali uniche di qua. Mi viene detto senza parafrasi che il turismo
non rientra nei piani ne medi ne a lungo termine. Quindi no Alpitour...



Con la Toyota che certamente avrebbe bisogno di una buona
manutenzione, ed una bella lavata, iniziamo l'avvicinamento al
capoluogo, Hadiboh. La strada, come tutte, è sterrato grezzo ed
acuminato. L'isola è secca ma custodisce aree di un verde unico,
ricche di polle di acqua, con palmeti da dattero e l'inizio di prime
colture ad esclusivo uso locale.

L'urbanizzazione di Hadiboh è mediorientale, case di fango, strade di
terra, negozi all'aperto. Ovunque curiosissimi bambini, con occhi neri
e brillantissimi. Ti si avvicinano e ti toccano, uno straniero con i
capelli lunghi, occhiali e baffi non si vede spesso a Socotra. Sono
gesti gentili, ti carezzano la mano, è un saluto e non chiedono nulla.
Continuano a dire un sacco di parole e chiedo a Khadi cosa vogliono:
sono i loro nomi e vogliono sapere il mio, nulla più. Da una casa
appare un vecchio con un vassoio e tanti bicchierini di the con hel,
una spezia aromatica. Ci voleva proprio dato che la polvere è tanta e
il caldo si avverte.

Giungiamo , dopo diverse fermate durante le quali scopro di essere un
gradito ospite e non l'elefante bianco da mostrare in giro, finalmente
all'albergo che è un classico funduqh, un ostello praticamente. La
stanza è essenziale, il letto con zanzariera comodo, poche altre
suppellettili mi ricordano che basta il pensiero.Unico lusso
inaspettato il Mecca-finder digitale che mi viene consegnato assieme
alle ciabatte ed al tappetino di preghiera. Trovo fuori luogo
sostenere la mia agnosticità e mormoro un shukran poco convinto. Fuori
i servizi privati: una latrina come non vedevo dai tempi di
Korramshar, praticamente quattro pareti di lamiera e un cielo en plein
air. Siamo già in un ambito di superfluo dato che la maggior parte
degli abitanti sfrutta senza soverchi problemi la natura ed i suoi
spazi per rendere il momentaneamente non più utilizzabile. L'acqua non
sembra essere un grosso problema. Mi accomodo, metto a posto le mie
quattro cose e poi parto in giro di perlustrazione.

Il paese è tutto li, contorto nella sua costruzione sequenziale, casa
dopo casa una attaccata all'altra. Tipicamente presenti gli animali
tradizionali, dromedari, asini e capre. Il suono dell'arabo parlato è
diverso e scopro che è un dialetto piuttosto differente dal linguaggio
comune yemenita, lo chiamano soqotri. Vedo alcune scuole, sono edifici
in mattone grezzo precompresso, e la moschea con la sua cupola.

Col mio codazzo di bimbi non riesco ad evitare la curiosità e gli
inviti della gente. Sono goloso, non resisto alle focaccine al miele o
cosa diavolo mai saranno, ne tanto meno rifiuto un caffè che
stroncherebbe un mulo da tanto che è forte. La riserva di Riyal non
serve, nessuno accetta il denaro. Finisco in un attimo la scorta di
matitine colorate, piccole bustine che porto sovente per accontentare
i bimbi.

La gente è riservata, sorride imbarazzata non per altro ma per scarsa
abitudine a stranieri. Le donne usano coprirsi il capo ma in modo
arioso e non si nascondono. Qui parrebbe vivere un islam normale e non
ossessivo, anche se le tradizioni sono quelle e le leggi pure. I volti
sono arabi, camusi ma con chiare influenze indie. Del resto secoli di
passaggi hanno il loro perché.

Entro in una casa invitato a larghi gesti e con "tafaddalh" caloroso e
scopro che , purtroppo, anche qui la televisione arriva. Al-Jazeera,
ca va sans dire, ma non dimentico che noi opponiamo ben di peggio
quindi incasso e porto a casa. La stanza è ampia e fresca, stuoie
coprono completamente il pavimento e due tappeti un po rabberciati
fanno mostra di se. Lungo le pareti una infilata di grossi cuscini,
utili per le numerose persone che si riuniscono e alcuni narghilè.
Shisha ? No grazie, è un vizio che non ho mai avuto. Sulla parete più
corta un pannello di legno spesso e rossiccio, sapientemente
intagliato, fa mostra di se. A gesti chiedo cosa rappresenta. Con
molta fatica e alcune parole captate qua e la capisco che si tratta di
una porta. Arriva per fortuna Waleed, il maestro di scuola, e con un
po di russo, di inglese e alcuni riferimenti storici capisco che il
manufatto ha quasi trecento anni e che appartiene ad una casa che era
di questa famiglia, distrutta durante non so quale calamità (fuoco ?,
annuisce, tempesta ?, annuisce, terremoto ?, annuisce...). Mostrano con
orgoglio i loro pugnali, attributo essenziale di ogni uomo.

Khadi passa a prendermi e mi anticipa il programma del giorno dopo. Si
parte in visita e solo dopo capirò che lui crede io sia un funzionario
di chissà quale organizzazione straniera. Lo informo con tatto del
contrario, ma con una delicatezza che sovente si percepisce nelle
popolazioni arabe si dice felice di potermi far vedere ciò che per lui
è importante e aggiunge che in ogni caso io sono una important person.

Alla sera mi viene offerta dell'ottima kabsha, riso ed agnello
arrostito, e come dolce una pappina di cui non ricordo il nome ma che
mi ricorda un dolce turco.

Passo una notte completamente ovattata da un silenzio irreale e da una
stanchezza che la mia età mi ricorda come risultato di esagerazioni
diurne.

Il mattino sveglia con il muezzin, colazione con focaccia calda, uova
sode e formaggio di capra. Mi propongono anche una scatoletta di tonno
made in Vietnam che rifiuto cortesemente.

Partiamo con la Toyota dopo aver caricato diverse casse di materiale
da portare alla sede dell'organizzazione, la nostra scorta di acqua ed
il cibo. Stanotte si dorme in tenda, ullallah penso e mi viene in
mente la lombosciatalgia...

Su sterrato medio raggiungiamo Hawlaf, il porto mercantile di Socotra.
Qui attraccano i cargo che riforniscono l'isola e numerosi pescherecci
giapponesi che sfruttano le acque pescose della zona. La nota stonata
di Hawlaf è la presenza di un grosso generatore che rifornisce di
energia elettrica la zona , che crea però un'area completamente zuppa
di gasolio e scorie. Il prezzo della modernità?

Continuiamo verso Hammadiroh e Ras Badressa, due villaggi di pescatori
dove la gente vive esclusivamente di questo antico mestiere. Noto la
varietà di pescato, e capisco che anche sott'acqua deve esserci un
altro pianeta.

Ne approfitto per un bagno, da una costa frastagliata ma di
eccezionale bellezza, l'acqua turchese, il fondo corallino. Porto
sempre e comunque la maschera ottica, e meno male. Mi godo uno
spettacolo non comune, pesci a frotte, un balestra di dimensioni
doppie a quelli che solitamente ho potuto vedere in Mar Rosso e una
quantità di corallo anche molle ma soprattutto vivo. Questo assunto
ovvio non è oggigiorno, quindi maggiormente apprezzabile.

Continuo a nuotare e sulla punta intercetto una sagoma conosciuta e a
queste batimetrie (non più di 6 metri) inconsueta: galeocerdus cuvier,
noto come squalo tigre. Protetto dal reef mi godo lo spettacolo di
questo inquietante ma elegantissimo pesce e capisco cosa mi sono perso
nel rinunciare alla crociera.

Facciamo campo su una spiaggia a cinque chilometri da Badressa.
Fuocherello e si brucia anche qualche ramo di boswalia, l'albero
dell'incenso. Chiudo gli occhi e mi sembra di essere a casa, da
bambino quando dietro l'altare si aspettava il catechismo e il don
finiva la messa.

Ho dormito benissimo, anche se il rialzarsi è stata un'operazione
penosa per le mie ossa. L'aria è fresca al mattino, questo mare che
porta due monsoni si fa sentire, ha un odore particolare. Da riva si
vedono le schiene di numerosi delfini, sono tursiopi di grosse
dimensioni. Altro segno che le porte del paradiso oggi Pietro le ha
lasciate leggermente aperte.

Seguiamo la costa e lo sguardo volge al Jebel Haggieh, la montagna che
segna con i suoi 1500 metri l'isola. Tipicamente mi dicono è coperto
da nubi, come appunto oggi. Appaiono strani alberi, i famosi unici di
Socotra : la mirra, l'incenso, aloe perlata, il sangue di drago.
Numerosi gli uccelli , alcuni strani come l'avvoltoio, che ci appaiono
lungo la strada. Ogni tanto qualche dromedario selvatico scappa
davanti a noi.

Ci fermiamo a cuocere del the e mangiare uno spuntino. Bei momenti di
silenzio, Khadi lo interrompe ed è prolifico con le sue spiegazioni.
Ridendo lo soprannomino Britannica, con chiaro cenno all'enciclopedia,
e lui sembra gradire. Non è mai stato in Europa, ha studiato ad Aden e
a Jeddah ed è stato due volte in haji a Mecca. Non pensa alla
famiglia, c'è tempo spiega, e qui mi accorgo che i nostri mondi per
quanto si sia simili marciano a velocità diverse. Mi chiede cosa fanno
i miei figli e mi accorgo che in fondo non riesco a rendergli bene
cosa voglia dire preoccuparsi per il futuro. Petrolio, situazione
internazionale, posti di lavoro per Khadi sono solamente parole. Vede,
ovviamente, i problemi internazionali dal punto di vista arabo,
ostenta quella scarsa capacità di voler capire anche altri modi di
pensare. Insomma non ama l'america. Ma neanche i russi, loro li hanno
avuti in casa per tanto tempo e proprio a Socotra avevano due
avamposti che ora sono presidiati da truppe yemenite. L'isola non ha
perso l'importanza strategica che mantiene fin dal medio evo, a
spartiacque sul Corno d'Africa e vigile all'ingresso del Mar Rosso
sulla rotta dei dhow che andavano e venivano. Oggi hanno aggiunto i
missili...

Passiamo altre due giornate a seguire tratturi da e per la costa, vedo
la rosa del deserto una sorta di minibaobab con delle infiorescenze
appunto rosa, il fico di Socotra che cresce solo sulla roccia e
produce,mi viene detto, frutti piccoli ma ricchi di sapore.

Arriviamo alla punta opposta dell'isola, a ovest in un punto che si
chiama Qalansiyah. Spiagge incredibili, mare azzurro intenso, rocce
feroci. Deve essersi presentato così buona parte del mondo a chi lo
scopriva mano a mano e ringrazio per questa possibilità. Cerco segni
di presenza umana ma non ne vedo. Khadi mi dice che periodicamente
fanno il giro con dei volontari e raccolgono ciò che "alcuni turisti"
scioccamente abbandonano. Siamo alle solite, pur sapendo che sto per
sputare nel piatto che mi nutre me la prendo con il turismo privo di
rispetto, quello che vuole tutto senza sentirsi in dovere di provare
scrupoli, tanto ho già pagato tutto...

Da segnalare la costa di Arher, con le sue calette frastagliate di
rara bellezza, la spiaggia di Dimhari tutta di ciottoli levigati, le
dune che si tuffano in mare vicino ad Homhil ed il relativo laghetto
di acqua dolce ma non fredda nel quale ci si può, durante un caldo
tragitto, bagnare e rifocillare.

L'ultima notte la riesco a passare a Hadiboh in "albergo", nel letto
spartano ma tremendamente comodo dopo tutte le notti all'addiaccio.
Con quello che ho pagato per dormire e mangiare qui ,a Milano non si
riesce a mangiare in tre in pizzeria.... Lascio gran parte di ciò che
avevo cambiato a Waleed, il maestro, con preghiera di darli all'imam,
lui saprà come e cosa farne.

I ritorni sono duri da raccontare. Mi emoziono, sarà l'età, sarà il
fatto che non ostante tutte le esperienze vissute quel "maledetto
Carter" mi ha fregato ancora e mi ha scodellato un'ulteriore
meraviglia. Khadi mi stringe le braccia e mi bacia alla maniera loro,
sono colpito dal rispetto che riesce a offrire ad un non credente e
glielo dico. You brought here respect, so you deserve it my friend.
Riesco solo ad annuire, meno male che ho gli occhiali da sole , e
salgo in fretta sul 737 Yemenia che mi porterà questa volta ad Aden.

Lascio un pezzo di me su questa isola rara, per ciò che è , per la
gente che la popola. Avrò un sogno in più, quello di tornare.

Da Aden mi imbarco sul Fiumicino e finisce così una corta ma
bellissima ed intensa esperienza che mai avrei creduto possibile. Sono
stanco oltre ogni limite, so di trovare una saccata di problemi di
lavoro e altro, ma ne è valsa la pena.



Mah asalaamah Suqutra, al ham dulillah"


Per gli amanti del dato numerico : un viaggio aereo fino a Sanàa costa
dai 450 euro in su, a/r, e come al solito dipende da un sacco di
fattori (periodo ecc). I collegamenti con Socotra sono limitati a due
volte a settimana con i servizi regolari. La mia fortuna è stata
quella di avere un "passaggio" sul postale.
Abitare a Socotra è estremamente poco costoso. Volendo scialare non
credo si arrivi a 20 eu al giorno.
Comunicare è problematico se non si parlotta qualche parola in arabo o
si è privi di quel "feeling" fatto di osservare-ascoltare-gesticolare.
La qualità dei servizi è primitiva, non bisogna aspettarsi nulla di
ciò a cui siamo abituati. Per contro si viene accolti molto
calorosamente e questo, imho, ha una valenza enorme.
Per il resto valgono le raccomandazioni utili per paesi isolati. La
criminalità è assente, credo venga repressa con solidi argomenti...
Socotra non offre nessun tipo di bevanda alcoolica, per contro il the
è ottimo ed abbondante. La cucina è robusta, semplice ma gustosa per
chi apprezza lo speziato ed il piccante.
Cacciatori di souvenir e compulsivi dello shopping rimarranno delusi,
non c'è nulla da comperare (capre?).

Al

--
"Dofe essere der pirreria?"
(Snoopy, Ardenne 1917)

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Vecchio 05-04-2008, 13.45.54
Lugas
 
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Predefinito Re: [RECE]Socotra Isl. (Yemen) - marzo 2008

Il racconto è bellissimo!!!!
Grazie


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  #3  
Vecchio 05-04-2008, 13.45.54
Lugas
 
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Predefinito Re: [RECE]Socotra Isl. (Yemen) - marzo 2008

Il racconto è bellissimo!!!!
Grazie


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  #4  
Vecchio 05-04-2008, 15.26.02
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Predefinito Re: [RECE]Socotra Isl. (Yemen) - marzo 2008

alberto wrote:[color=blue]
> Come richiesto posto le note direttamente :
>
> "
> Avevo accennato che lo scorso febbraio sarei partito per una crociera
> sub fra le isole di Kamaran e Socotra , rispettivamente a ovest e sud
> dello Yemen. Da un punto di vista subacqueo certamente due mete di
> eccellenza. Purtroppo questioni famigliari prima e un disturbo
> otologico poi mi hanno fatto desistere ed annullare le prenotazioni
> ripromettendomi un nuovo tentativo appena possibile.
>
> Casualmente, per i soliti motivi di lavoro, incontro un funzionario
> della compagnia di bandiera yemenita e parlando del più e del meno
> accenno brevemente alla mancata possibilità di visitare , almeno una
> parte, del suo paese.
>
> Passano alcuni giorni e ricevo una telefonata di questo signore. Mi
> informa che, se voglio, ci sarebbe un posto per Sanaà disponibile come
> tariffa dipendenti, quindi a condizioni buone e potrei quindi
> convincermi della qualità dei servizi ecc ecc.
>
> Prendo tempo, ma nei minuti successivi inizio a pensare che anche se
> non potrei immergermi magari qualche giorno si potrebbe fare, insomma
> inizio a creare una serie di autoconvincimenti che mi portano in
> serata a confermare il volo, con la clausola però che vorrei comunque
> raggiungere almeno Socotra, un'isola a 500 km a sud di Yemen. Il mio
> gentilissimo corrispondente mi dice che non ci sono problemi.
>
>
>
> Quattro giorni per preparare una gita, seppur di soli 9 giorni, non
> sono molti. Ma come mi ricorda Beppe (Giumak) la voglia che hai nelle
> scarpe non sparisce, rimane li magari sopita per anni e poi inizia a
> farsi viva. Che dire, un borsone, due paia di pantaloni, qualche
> maglia, il cappello con il cordino per non farlo volare via, e tutte
> le poche e piccole cose che servono in posti lontani.
>
> Il visto lo ottengo in giornata grazie al mio contatto a Roma ed a una
> telefonata di appoggio.
>
> Mi scopro incuriosito per un viaggio che sarà una sorpresa in tutti i
> sensi.
>
>
>
> Il volo con un A310 non recentissimo è normale, il catering di bordo
> per dirla alla tedesca " unter aller Wuerde", peggio di così... Come
> solito dormo e all'arrivo a Sanaà mi reco agli uffici della compagnia
> per avere lumi circa il mio albergo. Prima delle sorprese, sono già
> atteso su un altro aereo in partenza per Mukalla, a sud del paese
> sulla costa. Dopo innumerevoli formulari da firmare e controfirmare mi
> portano con una Zigulì testimone di antiche alleanze sulla pista e
> salgo su un Antonov AN26 turboelica del servizio postale nazionale.
> Sono l'unico passeggero, assieme a diverse casse di materiale tecnico
> e sacchi di latte in polvere. Non riesco neanche a vedere i piloti e
> mi rassegno durante l'ora di volo a guardare lo Yemen dal piccolo oblò
> del portellone. Poco male , penso, mi rifocillerò a Mukalla e già
> penso alla probabilità di una passeggiata in giro a curiosare.
>
> Errore. Arriviamo che è quasi buio, mi portano in una palazzina a lato
> della "aerostazione" e vengo informato che per ragioni di sicurezza
> non posso uscire, che dormirò li assieme ai piloti e che il mattino
> dopo di buon ora si prosegue per Socotra col favore della luce. Va
> bene, un pasto semplice ma robusto sancisce una serata tutto sommato
> quieta e strana. Assaggio la Salta, una zuppa gustosa e tiepida, e
> inizio a lacrimare e sudare mentre mangio la Haradha, un polpettone di
> carne e pepe e chissà quale altra spezia che mi tiene compagnia tutta
> la notte. Il the non manca e scopro che quello yemenita è un diuretico
> straordinario. Rifiuto il qat che viene costantemente masticato dai
> meccanici, mentre la tv trasmette un canale religioso che mostra , non
> ridiamo, un concorso di declamazione di sure coraniche in diretta da
> Medina. Il Pippo Baudo saudita è struggente nelle sue acclamazioni, lo
> spettacolo favorisce il sonno per fortuna.
>
>
>
> Sabah al khir, alle 5 in punto siamo in piedi e assisto al pieno del
> AN26. Sarà il clima, o pura prevenzione, ma lo stato generale di
> questa macchina volante sovietica mi pare sul de minimis estremo. Sono
> confortato dal fatto che contemporaneamente i miei due piloti, Mustar
> e Ahmed, stendono i tappetini verso nord ovest e compiono il primo
> atto di preghiera. Allah , o chi per lui, ci sarà vicino.
>
> Il volo è routine, l'atterraggio a Mouri un po meno. Forti raffiche di
> vento ci fanno saltellare un bel po e Ahmed ferma il catorcio a fondo
> pista e si spegne un motore. Beh, le preghiere si vede che sono
> servite. Un gippone d'annata viene a recuperarci con molta calma,
> ragazzi siamo su un altro pianeta.
>
>
>
> Socotra è una'isola che per certi versi potrebbe gemellarsi con
> Galapagos. Lontana dalle coste continentali, vulcanica, ruvida con una
> biodiversità marcata ed orgogliosa. Ad iniziare da comici geki
> grugnuluti, che mi ricordano l'espressione sbigottita e basedoviana di
> Veltroni.
>
> Incontro Khadi , il mio contatto, ed è subito simpatia. Uno dei pochi
> che durante i miei viaggi non mi abbia messo in imbarazzo con il
> calcio. Infatti non essendone interessato minimamente ne capisco di
> conseguenza. Khadi lavora per l'organismo statale di controllo
> ambientale. Stanno facendo un notevole lavoro di consolidamento delle
> risorse naturali e dei consumi locali, perseguendo un progetto di
> protezione di questo angolo unico del nostro pianeta. Mi vengono in
> mente le nostre periferie, Secondigliano , Quarto Oggiaro,
> l'indifferenza del nostro popolo e qui dove manca tutto ciò che a noi
> pare importante si danno da fare senza alzare la voce.
>
>
>
> Il lavoro non manca. Khadi mi spiega nel suo inglese di timbro
> ieratico-saudita, a grandi linee gli estremi del progetto. Gli
> abitanti, quasi 50mila, di questa grossa isola sono da incoraggiare a
> sviluppare un sistema globalmente sostenibile per il complesso
> ambientale tipico del territorio, senza snaturare le punte di
> eccellenza che sono le coste, i vegetali, alcune fra le tipologie
> animali uniche di qua. Mi viene detto senza parafrasi che il turismo
> non rientra nei piani ne medi ne a lungo termine. Quindi no
> Alpitour...
>
>
>
> Con la Toyota che certamente avrebbe bisogno di una buona
> manutenzione, ed una bella lavata, iniziamo l'avvicinamento al
> capoluogo, Hadiboh. La strada, come tutte, è sterrato grezzo ed
> acuminato. L'isola è secca ma custodisce aree di un verde unico,
> ricche di polle di acqua, con palmeti da dattero e l'inizio di prime
> colture ad esclusivo uso locale.
>
> L'urbanizzazione di Hadiboh è mediorientale, case di fango, strade di
> terra, negozi all'aperto. Ovunque curiosissimi bambini, con occhi neri
> e brillantissimi. Ti si avvicinano e ti toccano, uno straniero con i
> capelli lunghi, occhiali e baffi non si vede spesso a Socotra. Sono
> gesti gentili, ti carezzano la mano, è un saluto e non chiedono nulla.
> Continuano a dire un sacco di parole e chiedo a Khadi cosa vogliono:
> sono i loro nomi e vogliono sapere il mio, nulla più. Da una casa
> appare un vecchio con un vassoio e tanti bicchierini di the con hel,
> una spezia aromatica. Ci voleva proprio dato che la polvere è tanta e
> il caldo si avverte.
>
> Giungiamo , dopo diverse fermate durante le quali scopro di essere un
> gradito ospite e non l'elefante bianco da mostrare in giro, finalmente
> all'albergo che è un classico funduqh, un ostello praticamente. La
> stanza è essenziale, il letto con zanzariera comodo, poche altre
> suppellettili mi ricordano che basta il pensiero.Unico lusso
> inaspettato il Mecca-finder digitale che mi viene consegnato assieme
> alle ciabatte ed al tappetino di preghiera. Trovo fuori luogo
> sostenere la mia agnosticità e mormoro un shukran poco convinto. Fuori
> i servizi privati: una latrina come non vedevo dai tempi di
> Korramshar, praticamente quattro pareti di lamiera e un cielo en plein
> air. Siamo già in un ambito di superfluo dato che la maggior parte
> degli abitanti sfrutta senza soverchi problemi la natura ed i suoi
> spazi per rendere il momentaneamente non più utilizzabile. L'acqua non
> sembra essere un grosso problema. Mi accomodo, metto a posto le mie
> quattro cose e poi parto in giro di perlustrazione.
>
> Il paese è tutto li, contorto nella sua costruzione sequenziale, casa
> dopo casa una attaccata all'altra. Tipicamente presenti gli animali
> tradizionali, dromedari, asini e capre. Il suono dell'arabo parlato è
> diverso e scopro che è un dialetto piuttosto differente dal linguaggio
> comune yemenita, lo chiamano soqotri. Vedo alcune scuole, sono edifici
> in mattone grezzo precompresso, e la moschea con la sua cupola.
>
> Col mio codazzo di bimbi non riesco ad evitare la curiosità e gli
> inviti della gente. Sono goloso, non resisto alle focaccine al miele o
> cosa diavolo mai saranno, ne tanto meno rifiuto un caffè che
> stroncherebbe un mulo da tanto che è forte. La riserva di Riyal non
> serve, nessuno accetta il denaro. Finisco in un attimo la scorta di
> matitine colorate, piccole bustine che porto sovente per accontentare
> i bimbi.
>
> La gente è riservata, sorride imbarazzata non per altro ma per scarsa
> abitudine a stranieri. Le donne usano coprirsi il capo ma in modo
> arioso e non si nascondono. Qui parrebbe vivere un islam normale e non
> ossessivo, anche se le tradizioni sono quelle e le leggi pure. I volti
> sono arabi, camusi ma con chiare influenze indie. Del resto secoli di
> passaggi hanno il loro perché.
>
> Entro in una casa invitato a larghi gesti e con "tafaddalh" caloroso e
> scopro che , purtroppo, anche qui la televisione arriva. Al-Jazeera,
> ca va sans dire, ma non dimentico che noi opponiamo ben di peggio
> quindi incasso e porto a casa. La stanza è ampia e fresca, stuoie
> coprono completamente il pavimento e due tappeti un po rabberciati
> fanno mostra di se. Lungo le pareti una infilata di grossi cuscini,
> utili per le numerose persone che si riuniscono e alcuni narghilè.
> Shisha ? No grazie, è un vizio che non ho mai avuto. Sulla parete più
> corta un pannello di legno spesso e rossiccio, sapientemente
> intagliato, fa mostra di se. A gesti chiedo cosa rappresenta. Con
> molta fatica e alcune parole captate qua e la capisco che si tratta di
> una porta. Arriva per fortuna Waleed, il maestro di scuola, e con un
> po di russo, di inglese e alcuni riferimenti storici capisco che il
> manufatto ha quasi trecento anni e che appartiene ad una casa che era
> di questa famiglia, distrutta durante non so quale calamità (fuoco ?,
> annuisce, tempesta ?, annuisce, terremoto ?, annuisce...). Mostrano
> con orgoglio i loro pugnali, attributo essenziale di ogni uomo.
>
> Khadi passa a prendermi e mi anticipa il programma del giorno dopo. Si
> parte in visita e solo dopo capirò che lui crede io sia un funzionario
> di chissà quale organizzazione straniera. Lo informo con tatto del
> contrario, ma con una delicatezza che sovente si percepisce nelle
> popolazioni arabe si dice felice di potermi far vedere ciò che per lui
> è importante e aggiunge che in ogni caso io sono una important person.
>
> Alla sera mi viene offerta dell'ottima kabsha, riso ed agnello
> arrostito, e come dolce una pappina di cui non ricordo il nome ma che
> mi ricorda un dolce turco.
>
> Passo una notte completamente ovattata da un silenzio irreale e da una
> stanchezza che la mia età mi ricorda come risultato di esagerazioni
> diurne.
>
> Il mattino sveglia con il muezzin, colazione con focaccia calda, uova
> sode e formaggio di capra. Mi propongono anche una scatoletta di tonno
> made in Vietnam che rifiuto cortesemente.
>
> Partiamo con la Toyota dopo aver caricato diverse casse di materiale
> da portare alla sede dell'organizzazione, la nostra scorta di acqua ed
> il cibo. Stanotte si dorme in tenda, ullallah penso e mi viene in
> mente la lombosciatalgia...
>
> Su sterrato medio raggiungiamo Hawlaf, il porto mercantile di Socotra.
> Qui attraccano i cargo che riforniscono l'isola e numerosi pescherecci
> giapponesi che sfruttano le acque pescose della zona. La nota stonata
> di Hawlaf è la presenza di un grosso generatore che rifornisce di
> energia elettrica la zona , che crea però un'area completamente zuppa
> di gasolio e scorie. Il prezzo della modernità?
>
> Continuiamo verso Hammadiroh e Ras Badressa, due villaggi di pescatori
> dove la gente vive esclusivamente di questo antico mestiere. Noto la
> varietà di pescato, e capisco che anche sott'acqua deve esserci un
> altro pianeta.
>
> Ne approfitto per un bagno, da una costa frastagliata ma di
> eccezionale bellezza, l'acqua turchese, il fondo corallino. Porto
> sempre e comunque la maschera ottica, e meno male. Mi godo uno
> spettacolo non comune, pesci a frotte, un balestra di dimensioni
> doppie a quelli che solitamente ho potuto vedere in Mar Rosso e una
> quantità di corallo anche molle ma soprattutto vivo. Questo assunto
> ovvio non è oggigiorno, quindi maggiormente apprezzabile.
>
> Continuo a nuotare e sulla punta intercetto una sagoma conosciuta e a
> queste batimetrie (non più di 6 metri) inconsueta: galeocerdus cuvier,
> noto come squalo tigre. Protetto dal reef mi godo lo spettacolo di
> questo inquietante ma elegantissimo pesce e capisco cosa mi sono perso
> nel rinunciare alla crociera.
>
> Facciamo campo su una spiaggia a cinque chilometri da Badressa.
> Fuocherello e si brucia anche qualche ramo di boswalia, l'albero
> dell'incenso. Chiudo gli occhi e mi sembra di essere a casa, da
> bambino quando dietro l'altare si aspettava il catechismo e il don
> finiva la messa.
>
> Ho dormito benissimo, anche se il rialzarsi è stata un'operazione
> penosa per le mie ossa. L'aria è fresca al mattino, questo mare che
> porta due monsoni si fa sentire, ha un odore particolare. Da riva si
> vedono le schiene di numerosi delfini, sono tursiopi di grosse
> dimensioni. Altro segno che le porte del paradiso oggi Pietro le ha
> lasciate leggermente aperte.
>
> Seguiamo la costa e lo sguardo volge al Jebel Haggieh, la montagna che
> segna con i suoi 1500 metri l'isola. Tipicamente mi dicono è coperto
> da nubi, come appunto oggi. Appaiono strani alberi, i famosi unici di
> Socotra : la mirra, l'incenso, aloe perlata, il sangue di drago.
> Numerosi gli uccelli , alcuni strani come l'avvoltoio, che ci appaiono
> lungo la strada. Ogni tanto qualche dromedario selvatico scappa
> davanti a noi.
>
> Ci fermiamo a cuocere del the e mangiare uno spuntino. Bei momenti di
> silenzio, Khadi lo interrompe ed è prolifico con le sue spiegazioni.
> Ridendo lo soprannomino Britannica, con chiaro cenno all'enciclopedia,
> e lui sembra gradire. Non è mai stato in Europa, ha studiato ad Aden e
> a Jeddah ed è stato due volte in haji a Mecca. Non pensa alla
> famiglia, c'è tempo spiega, e qui mi accorgo che i nostri mondi per
> quanto si sia simili marciano a velocità diverse. Mi chiede cosa fanno
> i miei figli e mi accorgo che in fondo non riesco a rendergli bene
> cosa voglia dire preoccuparsi per il futuro. Petrolio, situazione
> internazionale, posti di lavoro per Khadi sono solamente parole. Vede,
> ovviamente, i problemi internazionali dal punto di vista arabo,
> ostenta quella scarsa capacità di voler capire anche altri modi di
> pensare. Insomma non ama l'america. Ma neanche i russi, loro li hanno
> avuti in casa per tanto tempo e proprio a Socotra avevano due
> avamposti che ora sono presidiati da truppe yemenite. L'isola non ha
> perso l'importanza strategica che mantiene fin dal medio evo, a
> spartiacque sul Corno d'Africa e vigile all'ingresso del Mar Rosso
> sulla rotta dei dhow che andavano e venivano. Oggi hanno aggiunto i
> missili...
>
> Passiamo altre due giornate a seguire tratturi da e per la costa, vedo
> la rosa del deserto una sorta di minibaobab con delle infiorescenze
> appunto rosa, il fico di Socotra che cresce solo sulla roccia e
> produce,mi viene detto, frutti piccoli ma ricchi di sapore.
>
> Arriviamo alla punta opposta dell'isola, a ovest in un punto che si
> chiama Qalansiyah. Spiagge incredibili, mare azzurro intenso, rocce
> feroci. Deve essersi presentato così buona parte del mondo a chi lo
> scopriva mano a mano e ringrazio per questa possibilità. Cerco segni
> di presenza umana ma non ne vedo. Khadi mi dice che periodicamente
> fanno il giro con dei volontari e raccolgono ciò che "alcuni turisti"
> scioccamente abbandonano. Siamo alle solite, pur sapendo che sto per
> sputare nel piatto che mi nutre me la prendo con il turismo privo di
> rispetto, quello che vuole tutto senza sentirsi in dovere di provare
> scrupoli, tanto ho già pagato tutto...
>
> Da segnalare la costa di Arher, con le sue calette frastagliate di
> rara bellezza, la spiaggia di Dimhari tutta di ciottoli levigati, le
> dune che si tuffano in mare vicino ad Homhil ed il relativo laghetto
> di acqua dolce ma non fredda nel quale ci si può, durante un caldo
> tragitto, bagnare e rifocillare.
>
> L'ultima notte la riesco a passare a Hadiboh in "albergo", nel letto
> spartano ma tremendamente comodo dopo tutte le notti all'addiaccio.
> Con quello che ho pagato per dormire e mangiare qui ,a Milano non si
> riesce a mangiare in tre in pizzeria.... Lascio gran parte di ciò che
> avevo cambiato a Waleed, il maestro, con preghiera di darli all'imam,
> lui saprà come e cosa farne.
>
> I ritorni sono duri da raccontare. Mi emoziono, sarà l'età, sarà il
> fatto che non ostante tutte le esperienze vissute quel "maledetto
> Carter" mi ha fregato ancora e mi ha scodellato un'ulteriore
> meraviglia. Khadi mi stringe le braccia e mi bacia alla maniera loro,
> sono colpito dal rispetto che riesce a offrire ad un non credente e
> glielo dico. You brought here respect, so you deserve it my friend.
> Riesco solo ad annuire, meno male che ho gli occhiali da sole , e
> salgo in fretta sul 737 Yemenia che mi porterà questa volta ad Aden.
>
> Lascio un pezzo di me su questa isola rara, per ciò che è , per la
> gente che la popola. Avrò un sogno in più, quello di tornare.
>
> Da Aden mi imbarco sul Fiumicino e finisce così una corta ma
> bellissima ed intensa esperienza che mai avrei creduto possibile. Sono
> stanco oltre ogni limite, so di trovare una saccata di problemi di
> lavoro e altro, ma ne è valsa la pena.
>
>
>
> Mah asalaamah Suqutra, al ham dulillah"
>
>
> Per gli amanti del dato numerico : un viaggio aereo fino a Sanàa costa
> dai 450 euro in su, a/r, e come al solito dipende da un sacco di
> fattori (periodo ecc). I collegamenti con Socotra sono limitati a due
> volte a settimana con i servizi regolari. La mia fortuna è stata
> quella di avere un "passaggio" sul postale.
> Abitare a Socotra è estremamente poco costoso. Volendo scialare non
> credo si arrivi a 20 eu al giorno.
> Comunicare è problematico se non si parlotta qualche parola in arabo o
> si è privi di quel "feeling" fatto di osservare-ascoltare-gesticolare.
> La qualità dei servizi è primitiva, non bisogna aspettarsi nulla di
> ciò a cui siamo abituati. Per contro si viene accolti molto
> calorosamente e questo, imho, ha una valenza enorme.
> Per il resto valgono le raccomandazioni utili per paesi isolati. La
> criminalità è assente, credo venga repressa con solidi argomenti...
> Socotra non offre nessun tipo di bevanda alcoolica, per contro il the
> è ottimo ed abbondante. La cucina è robusta, semplice ma gustosa per
> chi apprezza lo speziato ed il piccante.
> Cacciatori di souvenir e compulsivi dello shopping rimarranno delusi,
> non c'è nulla da comperare (capre?).
>
> Al[/color]

2 cose..
Il visto per lo Yemen si ottiene all'arrivo senza perdere troppo tempo e si
paga in dollari

gli alcolici sono introvabili in Yemen

Io mi ero portato una decina di latine di birra dall'italia.. e le ultime le
ho lasciate alla Sig.ra Italiana che gestiva l'hotel a Sanaa

I pernottamenti tipo ostello o casa privata sono la norma in Yemen.. e
costano pochi dollari al giorno.
io ho speso ca. 1000 dollari per Land cruiser con autista per 10 giorni e
camera di hotel a 5 stelle in un tour dello Yemen.

un po' tutti parlano inglese .. voglio dire quelli che sono a contatto con i
Turisti
qualcuno anche italiano
senza guida ed auto non si gira..e certi tratti solo con scorta
dell'esercito

Socotra e' una destinazione poco nota. in quanto non offre strutture adatte
alla maggior parte dei turisti.
Nello yemen le donne sono totalmente escluse dall vita sociale.. e non
partecipano assolutamente a nessun incontro con i turisti
eccezione : donne poliziotto all'aeroporto e qualche impiegata di albergo
per la strada portano il mantello nero e coprono il viso. lasciando solo gli
occhi scoperti.

nello yemen le posate sono praticamente sconosciute.. chi e' schizzinoso e
si rifiuta di mangiare con le mani nel piatto dove tutti mettono le mani..se
le porti da casa.


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  #5  
Vecchio 05-04-2008, 15.26.02
tile
 
Messaggi: n/a
Predefinito Re: [RECE]Socotra Isl. (Yemen) - marzo 2008

alberto wrote:[color=blue]
> Come richiesto posto le note direttamente :
>
> "
> Avevo accennato che lo scorso febbraio sarei partito per una crociera
> sub fra le isole di Kamaran e Socotra , rispettivamente a ovest e sud
> dello Yemen. Da un punto di vista subacqueo certamente due mete di
> eccellenza. Purtroppo questioni famigliari prima e un disturbo
> otologico poi mi hanno fatto desistere ed annullare le prenotazioni
> ripromettendomi un nuovo tentativo appena possibile.
>
> Casualmente, per i soliti motivi di lavoro, incontro un funzionario
> della compagnia di bandiera yemenita e parlando del più e del meno
> accenno brevemente alla mancata possibilità di visitare , almeno una
> parte, del suo paese.
>
> Passano alcuni giorni e ricevo una telefonata di questo signore. Mi
> informa che, se voglio, ci sarebbe un posto per Sanaà disponibile come
> tariffa dipendenti, quindi a condizioni buone e potrei quindi
> convincermi della qualità dei servizi ecc ecc.
>
> Prendo tempo, ma nei minuti successivi inizio a pensare che anche se
> non potrei immergermi magari qualche giorno si potrebbe fare, insomma
> inizio a creare una serie di autoconvincimenti che mi portano in
> serata a confermare il volo, con la clausola però che vorrei comunque
> raggiungere almeno Socotra, un'isola a 500 km a sud di Yemen. Il mio
> gentilissimo corrispondente mi dice che non ci sono problemi.
>
>
>
> Quattro giorni per preparare una gita, seppur di soli 9 giorni, non
> sono molti. Ma come mi ricorda Beppe (Giumak) la voglia che hai nelle
> scarpe non sparisce, rimane li magari sopita per anni e poi inizia a
> farsi viva. Che dire, un borsone, due paia di pantaloni, qualche
> maglia, il cappello con il cordino per non farlo volare via, e tutte
> le poche e piccole cose che servono in posti lontani.
>
> Il visto lo ottengo in giornata grazie al mio contatto a Roma ed a una
> telefonata di appoggio.
>
> Mi scopro incuriosito per un viaggio che sarà una sorpresa in tutti i
> sensi.
>
>
>
> Il volo con un A310 non recentissimo è normale, il catering di bordo
> per dirla alla tedesca " unter aller Wuerde", peggio di così... Come
> solito dormo e all'arrivo a Sanaà mi reco agli uffici della compagnia
> per avere lumi circa il mio albergo. Prima delle sorprese, sono già
> atteso su un altro aereo in partenza per Mukalla, a sud del paese
> sulla costa. Dopo innumerevoli formulari da firmare e controfirmare mi
> portano con una Zigulì testimone di antiche alleanze sulla pista e
> salgo su un Antonov AN26 turboelica del servizio postale nazionale.
> Sono l'unico passeggero, assieme a diverse casse di materiale tecnico
> e sacchi di latte in polvere. Non riesco neanche a vedere i piloti e
> mi rassegno durante l'ora di volo a guardare lo Yemen dal piccolo oblò
> del portellone. Poco male , penso, mi rifocillerò a Mukalla e già
> penso alla probabilità di una passeggiata in giro a curiosare.
>
> Errore. Arriviamo che è quasi buio, mi portano in una palazzina a lato
> della "aerostazione" e vengo informato che per ragioni di sicurezza
> non posso uscire, che dormirò li assieme ai piloti e che il mattino
> dopo di buon ora si prosegue per Socotra col favore della luce. Va
> bene, un pasto semplice ma robusto sancisce una serata tutto sommato
> quieta e strana. Assaggio la Salta, una zuppa gustosa e tiepida, e
> inizio a lacrimare e sudare mentre mangio la Haradha, un polpettone di
> carne e pepe e chissà quale altra spezia che mi tiene compagnia tutta
> la notte. Il the non manca e scopro che quello yemenita è un diuretico
> straordinario. Rifiuto il qat che viene costantemente masticato dai
> meccanici, mentre la tv trasmette un canale religioso che mostra , non
> ridiamo, un concorso di declamazione di sure coraniche in diretta da
> Medina. Il Pippo Baudo saudita è struggente nelle sue acclamazioni, lo
> spettacolo favorisce il sonno per fortuna.
>
>
>
> Sabah al khir, alle 5 in punto siamo in piedi e assisto al pieno del
> AN26. Sarà il clima, o pura prevenzione, ma lo stato generale di
> questa macchina volante sovietica mi pare sul de minimis estremo. Sono
> confortato dal fatto che contemporaneamente i miei due piloti, Mustar
> e Ahmed, stendono i tappetini verso nord ovest e compiono il primo
> atto di preghiera. Allah , o chi per lui, ci sarà vicino.
>
> Il volo è routine, l'atterraggio a Mouri un po meno. Forti raffiche di
> vento ci fanno saltellare un bel po e Ahmed ferma il catorcio a fondo
> pista e si spegne un motore. Beh, le preghiere si vede che sono
> servite. Un gippone d'annata viene a recuperarci con molta calma,
> ragazzi siamo su un altro pianeta.
>
>
>
> Socotra è una'isola che per certi versi potrebbe gemellarsi con
> Galapagos. Lontana dalle coste continentali, vulcanica, ruvida con una
> biodiversità marcata ed orgogliosa. Ad iniziare da comici geki
> grugnuluti, che mi ricordano l'espressione sbigottita e basedoviana di
> Veltroni.
>
> Incontro Khadi , il mio contatto, ed è subito simpatia. Uno dei pochi
> che durante i miei viaggi non mi abbia messo in imbarazzo con il
> calcio. Infatti non essendone interessato minimamente ne capisco di
> conseguenza. Khadi lavora per l'organismo statale di controllo
> ambientale. Stanno facendo un notevole lavoro di consolidamento delle
> risorse naturali e dei consumi locali, perseguendo un progetto di
> protezione di questo angolo unico del nostro pianeta. Mi vengono in
> mente le nostre periferie, Secondigliano , Quarto Oggiaro,
> l'indifferenza del nostro popolo e qui dove manca tutto ciò che a noi
> pare importante si danno da fare senza alzare la voce.
>
>
>
> Il lavoro non manca. Khadi mi spiega nel suo inglese di timbro
> ieratico-saudita, a grandi linee gli estremi del progetto. Gli
> abitanti, quasi 50mila, di questa grossa isola sono da incoraggiare a
> sviluppare un sistema globalmente sostenibile per il complesso
> ambientale tipico del territorio, senza snaturare le punte di
> eccellenza che sono le coste, i vegetali, alcune fra le tipologie
> animali uniche di qua. Mi viene detto senza parafrasi che il turismo
> non rientra nei piani ne medi ne a lungo termine. Quindi no
> Alpitour...
>
>
>
> Con la Toyota che certamente avrebbe bisogno di una buona
> manutenzione, ed una bella lavata, iniziamo l'avvicinamento al
> capoluogo, Hadiboh. La strada, come tutte, è sterrato grezzo ed
> acuminato. L'isola è secca ma custodisce aree di un verde unico,
> ricche di polle di acqua, con palmeti da dattero e l'inizio di prime
> colture ad esclusivo uso locale.
>
> L'urbanizzazione di Hadiboh è mediorientale, case di fango, strade di
> terra, negozi all'aperto. Ovunque curiosissimi bambini, con occhi neri
> e brillantissimi. Ti si avvicinano e ti toccano, uno straniero con i
> capelli lunghi, occhiali e baffi non si vede spesso a Socotra. Sono
> gesti gentili, ti carezzano la mano, è un saluto e non chiedono nulla.
> Continuano a dire un sacco di parole e chiedo a Khadi cosa vogliono:
> sono i loro nomi e vogliono sapere il mio, nulla più. Da una casa
> appare un vecchio con un vassoio e tanti bicchierini di the con hel,
> una spezia aromatica. Ci voleva proprio dato che la polvere è tanta e
> il caldo si avverte.
>
> Giungiamo , dopo diverse fermate durante le quali scopro di essere un
> gradito ospite e non l'elefante bianco da mostrare in giro, finalmente
> all'albergo che è un classico funduqh, un ostello praticamente. La
> stanza è essenziale, il letto con zanzariera comodo, poche altre
> suppellettili mi ricordano che basta il pensiero.Unico lusso
> inaspettato il Mecca-finder digitale che mi viene consegnato assieme
> alle ciabatte ed al tappetino di preghiera. Trovo fuori luogo
> sostenere la mia agnosticità e mormoro un shukran poco convinto. Fuori
> i servizi privati: una latrina come non vedevo dai tempi di
> Korramshar, praticamente quattro pareti di lamiera e un cielo en plein
> air. Siamo già in un ambito di superfluo dato che la maggior parte
> degli abitanti sfrutta senza soverchi problemi la natura ed i suoi
> spazi per rendere il momentaneamente non più utilizzabile. L'acqua non
> sembra essere un grosso problema. Mi accomodo, metto a posto le mie
> quattro cose e poi parto in giro di perlustrazione.
>
> Il paese è tutto li, contorto nella sua costruzione sequenziale, casa
> dopo casa una attaccata all'altra. Tipicamente presenti gli animali
> tradizionali, dromedari, asini e capre. Il suono dell'arabo parlato è
> diverso e scopro che è un dialetto piuttosto differente dal linguaggio
> comune yemenita, lo chiamano soqotri. Vedo alcune scuole, sono edifici
> in mattone grezzo precompresso, e la moschea con la sua cupola.
>
> Col mio codazzo di bimbi non riesco ad evitare la curiosità e gli
> inviti della gente. Sono goloso, non resisto alle focaccine al miele o
> cosa diavolo mai saranno, ne tanto meno rifiuto un caffè che
> stroncherebbe un mulo da tanto che è forte. La riserva di Riyal non
> serve, nessuno accetta il denaro. Finisco in un attimo la scorta di
> matitine colorate, piccole bustine che porto sovente per accontentare
> i bimbi.
>
> La gente è riservata, sorride imbarazzata non per altro ma per scarsa
> abitudine a stranieri. Le donne usano coprirsi il capo ma in modo
> arioso e non si nascondono. Qui parrebbe vivere un islam normale e non
> ossessivo, anche se le tradizioni sono quelle e le leggi pure. I volti
> sono arabi, camusi ma con chiare influenze indie. Del resto secoli di
> passaggi hanno il loro perché.
>
> Entro in una casa invitato a larghi gesti e con "tafaddalh" caloroso e
> scopro che , purtroppo, anche qui la televisione arriva. Al-Jazeera,
> ca va sans dire, ma non dimentico che noi opponiamo ben di peggio
> quindi incasso e porto a casa. La stanza è ampia e fresca, stuoie
> coprono completamente il pavimento e due tappeti un po rabberciati
> fanno mostra di se. Lungo le pareti una infilata di grossi cuscini,
> utili per le numerose persone che si riuniscono e alcuni narghilè.
> Shisha ? No grazie, è un vizio che non ho mai avuto. Sulla parete più
> corta un pannello di legno spesso e rossiccio, sapientemente
> intagliato, fa mostra di se. A gesti chiedo cosa rappresenta. Con
> molta fatica e alcune parole captate qua e la capisco che si tratta di
> una porta. Arriva per fortuna Waleed, il maestro di scuola, e con un
> po di russo, di inglese e alcuni riferimenti storici capisco che il
> manufatto ha quasi trecento anni e che appartiene ad una casa che era
> di questa famiglia, distrutta durante non so quale calamità (fuoco ?,
> annuisce, tempesta ?, annuisce, terremoto ?, annuisce...). Mostrano
> con orgoglio i loro pugnali, attributo essenziale di ogni uomo.
>
> Khadi passa a prendermi e mi anticipa il programma del giorno dopo. Si
> parte in visita e solo dopo capirò che lui crede io sia un funzionario
> di chissà quale organizzazione straniera. Lo informo con tatto del
> contrario, ma con una delicatezza che sovente si percepisce nelle
> popolazioni arabe si dice felice di potermi far vedere ciò che per lui
> è importante e aggiunge che in ogni caso io sono una important person.
>
> Alla sera mi viene offerta dell'ottima kabsha, riso ed agnello
> arrostito, e come dolce una pappina di cui non ricordo il nome ma che
> mi ricorda un dolce turco.
>
> Passo una notte completamente ovattata da un silenzio irreale e da una
> stanchezza che la mia età mi ricorda come risultato di esagerazioni
> diurne.
>
> Il mattino sveglia con il muezzin, colazione con focaccia calda, uova
> sode e formaggio di capra. Mi propongono anche una scatoletta di tonno
> made in Vietnam che rifiuto cortesemente.
>
> Partiamo con la Toyota dopo aver caricato diverse casse di materiale
> da portare alla sede dell'organizzazione, la nostra scorta di acqua ed
> il cibo. Stanotte si dorme in tenda, ullallah penso e mi viene in
> mente la lombosciatalgia...
>
> Su sterrato medio raggiungiamo Hawlaf, il porto mercantile di Socotra.
> Qui attraccano i cargo che riforniscono l'isola e numerosi pescherecci
> giapponesi che sfruttano le acque pescose della zona. La nota stonata
> di Hawlaf è la presenza di un grosso generatore che rifornisce di
> energia elettrica la zona , che crea però un'area completamente zuppa
> di gasolio e scorie. Il prezzo della modernità?
>
> Continuiamo verso Hammadiroh e Ras Badressa, due villaggi di pescatori
> dove la gente vive esclusivamente di questo antico mestiere. Noto la
> varietà di pescato, e capisco che anche sott'acqua deve esserci un
> altro pianeta.
>
> Ne approfitto per un bagno, da una costa frastagliata ma di
> eccezionale bellezza, l'acqua turchese, il fondo corallino. Porto
> sempre e comunque la maschera ottica, e meno male. Mi godo uno
> spettacolo non comune, pesci a frotte, un balestra di dimensioni
> doppie a quelli che solitamente ho potuto vedere in Mar Rosso e una
> quantità di corallo anche molle ma soprattutto vivo. Questo assunto
> ovvio non è oggigiorno, quindi maggiormente apprezzabile.
>
> Continuo a nuotare e sulla punta intercetto una sagoma conosciuta e a
> queste batimetrie (non più di 6 metri) inconsueta: galeocerdus cuvier,
> noto come squalo tigre. Protetto dal reef mi godo lo spettacolo di
> questo inquietante ma elegantissimo pesce e capisco cosa mi sono perso
> nel rinunciare alla crociera.
>
> Facciamo campo su una spiaggia a cinque chilometri da Badressa.
> Fuocherello e si brucia anche qualche ramo di boswalia, l'albero
> dell'incenso. Chiudo gli occhi e mi sembra di essere a casa, da
> bambino quando dietro l'altare si aspettava il catechismo e il don
> finiva la messa.
>
> Ho dormito benissimo, anche se il rialzarsi è stata un'operazione
> penosa per le mie ossa. L'aria è fresca al mattino, questo mare che
> porta due monsoni si fa sentire, ha un odore particolare. Da riva si
> vedono le schiene di numerosi delfini, sono tursiopi di grosse
> dimensioni. Altro segno che le porte del paradiso oggi Pietro le ha
> lasciate leggermente aperte.
>
> Seguiamo la costa e lo sguardo volge al Jebel Haggieh, la montagna che
> segna con i suoi 1500 metri l'isola. Tipicamente mi dicono è coperto
> da nubi, come appunto oggi. Appaiono strani alberi, i famosi unici di
> Socotra : la mirra, l'incenso, aloe perlata, il sangue di drago.
> Numerosi gli uccelli , alcuni strani come l'avvoltoio, che ci appaiono
> lungo la strada. Ogni tanto qualche dromedario selvatico scappa
> davanti a noi.
>
> Ci fermiamo a cuocere del the e mangiare uno spuntino. Bei momenti di
> silenzio, Khadi lo interrompe ed è prolifico con le sue spiegazioni.
> Ridendo lo soprannomino Britannica, con chiaro cenno all'enciclopedia,
> e lui sembra gradire. Non è mai stato in Europa, ha studiato ad Aden e
> a Jeddah ed è stato due volte in haji a Mecca. Non pensa alla
> famiglia, c'è tempo spiega, e qui mi accorgo che i nostri mondi per
> quanto si sia simili marciano a velocità diverse. Mi chiede cosa fanno
> i miei figli e mi accorgo che in fondo non riesco a rendergli bene
> cosa voglia dire preoccuparsi per il futuro. Petrolio, situazione
> internazionale, posti di lavoro per Khadi sono solamente parole. Vede,
> ovviamente, i problemi internazionali dal punto di vista arabo,
> ostenta quella scarsa capacità di voler capire anche altri modi di
> pensare. Insomma non ama l'america. Ma neanche i russi, loro li hanno
> avuti in casa per tanto tempo e proprio a Socotra avevano due
> avamposti che ora sono presidiati da truppe yemenite. L'isola non ha
> perso l'importanza strategica che mantiene fin dal medio evo, a
> spartiacque sul Corno d'Africa e vigile all'ingresso del Mar Rosso
> sulla rotta dei dhow che andavano e venivano. Oggi hanno aggiunto i
> missili...
>
> Passiamo altre due giornate a seguire tratturi da e per la costa, vedo
> la rosa del deserto una sorta di minibaobab con delle infiorescenze
> appunto rosa, il fico di Socotra che cresce solo sulla roccia e
> produce,mi viene detto, frutti piccoli ma ricchi di sapore.
>
> Arriviamo alla punta opposta dell'isola, a ovest in un punto che si
> chiama Qalansiyah. Spiagge incredibili, mare azzurro intenso, rocce
> feroci. Deve essersi presentato così buona parte del mondo a chi lo
> scopriva mano a mano e ringrazio per questa possibilità. Cerco segni
> di presenza umana ma non ne vedo. Khadi mi dice che periodicamente
> fanno il giro con dei volontari e raccolgono ciò che "alcuni turisti"
> scioccamente abbandonano. Siamo alle solite, pur sapendo che sto per
> sputare nel piatto che mi nutre me la prendo con il turismo privo di
> rispetto, quello che vuole tutto senza sentirsi in dovere di provare
> scrupoli, tanto ho già pagato tutto...
>
> Da segnalare la costa di Arher, con le sue calette frastagliate di
> rara bellezza, la spiaggia di Dimhari tutta di ciottoli levigati, le
> dune che si tuffano in mare vicino ad Homhil ed il relativo laghetto
> di acqua dolce ma non fredda nel quale ci si può, durante un caldo
> tragitto, bagnare e rifocillare.
>
> L'ultima notte la riesco a passare a Hadiboh in "albergo", nel letto
> spartano ma tremendamente comodo dopo tutte le notti all'addiaccio.
> Con quello che ho pagato per dormire e mangiare qui ,a Milano non si
> riesce a mangiare in tre in pizzeria.... Lascio gran parte di ciò che
> avevo cambiato a Waleed, il maestro, con preghiera di darli all'imam,
> lui saprà come e cosa farne.
>
> I ritorni sono duri da raccontare. Mi emoziono, sarà l'età, sarà il
> fatto che non ostante tutte le esperienze vissute quel "maledetto
> Carter" mi ha fregato ancora e mi ha scodellato un'ulteriore
> meraviglia. Khadi mi stringe le braccia e mi bacia alla maniera loro,
> sono colpito dal rispetto che riesce a offrire ad un non credente e
> glielo dico. You brought here respect, so you deserve it my friend.
> Riesco solo ad annuire, meno male che ho gli occhiali da sole , e
> salgo in fretta sul 737 Yemenia che mi porterà questa volta ad Aden.
>
> Lascio un pezzo di me su questa isola rara, per ciò che è , per la
> gente che la popola. Avrò un sogno in più, quello di tornare.
>
> Da Aden mi imbarco sul Fiumicino e finisce così una corta ma
> bellissima ed intensa esperienza che mai avrei creduto possibile. Sono
> stanco oltre ogni limite, so di trovare una saccata di problemi di
> lavoro e altro, ma ne è valsa la pena.
>
>
>
> Mah asalaamah Suqutra, al ham dulillah"
>
>
> Per gli amanti del dato numerico : un viaggio aereo fino a Sanàa costa
> dai 450 euro in su, a/r, e come al solito dipende da un sacco di
> fattori (periodo ecc). I collegamenti con Socotra sono limitati a due
> volte a settimana con i servizi regolari. La mia fortuna è stata
> quella di avere un "passaggio" sul postale.
> Abitare a Socotra è estremamente poco costoso. Volendo scialare non
> credo si arrivi a 20 eu al giorno.
> Comunicare è problematico se non si parlotta qualche parola in arabo o
> si è privi di quel "feeling" fatto di osservare-ascoltare-gesticolare.
> La qualità dei servizi è primitiva, non bisogna aspettarsi nulla di
> ciò a cui siamo abituati. Per contro si viene accolti molto
> calorosamente e questo, imho, ha una valenza enorme.
> Per il resto valgono le raccomandazioni utili per paesi isolati. La
> criminalità è assente, credo venga repressa con solidi argomenti...
> Socotra non offre nessun tipo di bevanda alcoolica, per contro il the
> è ottimo ed abbondante. La cucina è robusta, semplice ma gustosa per
> chi apprezza lo speziato ed il piccante.
> Cacciatori di souvenir e compulsivi dello shopping rimarranno delusi,
> non c'è nulla da comperare (capre?).
>
> Al[/color]

2 cose..
Il visto per lo Yemen si ottiene all'arrivo senza perdere troppo tempo e si
paga in dollari

gli alcolici sono introvabili in Yemen

Io mi ero portato una decina di latine di birra dall'italia.. e le ultime le
ho lasciate alla Sig.ra Italiana che gestiva l'hotel a Sanaa

I pernottamenti tipo ostello o casa privata sono la norma in Yemen.. e
costano pochi dollari al giorno.
io ho speso ca. 1000 dollari per Land cruiser con autista per 10 giorni e
camera di hotel a 5 stelle in un tour dello Yemen.

un po' tutti parlano inglese .. voglio dire quelli che sono a contatto con i
Turisti
qualcuno anche italiano
senza guida ed auto non si gira..e certi tratti solo con scorta
dell'esercito

Socotra e' una destinazione poco nota. in quanto non offre strutture adatte
alla maggior parte dei turisti.
Nello yemen le donne sono totalmente escluse dall vita sociale.. e non
partecipano assolutamente a nessun incontro con i turisti
eccezione : donne poliziotto all'aeroporto e qualche impiegata di albergo
per la strada portano il mantello nero e coprono il viso. lasciando solo gli
occhi scoperti.

nello yemen le posate sono praticamente sconosciute.. chi e' schizzinoso e
si rifiuta di mangiare con le mani nel piatto dove tutti mettono le mani..se
le porti da casa.


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  #6  
Vecchio 05-04-2008, 16.47.52
luango
 
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Predefinito Re: [RECE]Socotra Isl. (Yemen) - marzo 2008

alberto ha usato la sua tastiera per scrivere :[color=blue]
> Come richiesto posto le note direttamente :
>[/color]
.............[color=blue]
>
> Lascio un pezzo di me su questa isola rara, per ciò che è , per la
> gente che la popola. Avrò un sogno in più, quello di tornare.[/color]

Beh alberto,
davvero bello e coinvolgente il racconto, come il viaggio del resto.
Diego :-)


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  #7  
Vecchio 05-04-2008, 16.47.52
luango
 
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Predefinito Re: [RECE]Socotra Isl. (Yemen) - marzo 2008

alberto ha usato la sua tastiera per scrivere :[color=blue]
> Come richiesto posto le note direttamente :
>[/color]
.............[color=blue]
>
> Lascio un pezzo di me su questa isola rara, per ciò che è , per la
> gente che la popola. Avrò un sogno in più, quello di tornare.[/color]

Beh alberto,
davvero bello e coinvolgente il racconto, come il viaggio del resto.
Diego :-)


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  #8  
Vecchio 05-04-2008, 17.00.03
_-°-_ Seshe _-°-_
 
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Predefinito Re: [RECE]Socotra Isl. (Yemen) - marzo 2008

alberto ha scritto:

| Lascio un pezzo di me su questa isola rara, per ciò che è , per la
| gente che la popola. Avrò un sogno in più, quello di tornare.

Che piacere ricominciare a leggere il newsgroup dopo due
settimane e trovare una RECE ben scritta e acuta come la
tua! Shukran, Alberto!

--
_-°-_ Seshe _-°-_

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I Viaggi di Seshepankhatum
[url]www.seshepankhatum.net[/url]

Un vero viaggio non è cercare
nuove terre, ma avere nuovi occhi
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  #9  
Vecchio 05-04-2008, 17.00.03
_-°-_ Seshe _-°-_
 
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Predefinito Re: [RECE]Socotra Isl. (Yemen) - marzo 2008

alberto ha scritto:

| Lascio un pezzo di me su questa isola rara, per ciò che è , per la
| gente che la popola. Avrò un sogno in più, quello di tornare.

Che piacere ricominciare a leggere il newsgroup dopo due
settimane e trovare una RECE ben scritta e acuta come la
tua! Shukran, Alberto!

--
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  #10  
Vecchio 05-04-2008, 20.29.16
Massimo B
 
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Predefinito Re: [RECE]Socotra Isl. (Yemen) - marzo 2008

Sembra che alberto abbia detto :[color=blue]
> Come richiesto posto le note direttamente :
>
> "
> Avevo accennato che lo scorso febbraio sarei partito per una crociera
> sub fra le isole di Kamaran e Socotra , rispettivamente a ovest e sud
> dello Yemen.[/color]

Grazie e complimenti per questa bella rece di un posto così poco
conosciuto.

--


Massimo B
[url]www.raccontidiviaggio.com[/url]


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