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Vecchio 18-12-2009, 12.38.43
krapp75
 
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Predefinito (RECE) Israele e Giordania - Parte 3

Ecco la terza e ultima parte.
Ciao
Andrea

'La cena è con Irina, le raccontiamo cosa è successo e ci dice che è
normale che gli i militari facciano così in quel posto di controllo,
rinomatamente un po’ caldo, il sabato poi è la giornata peggiore,
perché gli Israeliani se la prendono anche più comoda volendo
inculcare della testa dei palestinesi l’idea dello Shabbat, la
giornata del riposo ebraico, quando non bisogna avere fretta e non si
dovrebbe fare nulla.
Più tardi ci raggiunge Elisa, appena arrivata dalla Giordania. E’
milanese ma vive in Danimarca, alla frontiera ha avuto più problemi di
me, le hanno fatto moltissime domande. Le dico ciò che ci aveva detto
la bolognese incontrata a quella stessa dogana, cioè che le ragazze
sole destano sospetto, perché facile preda del fascino mediorientale
con tutte le conseguenze del caso. Discutiamo un po’ di queste donne
occidentali che cedono al *** appeal di alcuni arabi, soprattutto dei
beduini del deserto, e alcune se li sposano pure. Lei ammette che
alcuni di loro sono decisamente belli e pieni di charme, abbronzati e
con gli occhi azzurri, spesso li vedi a cavallo avvolti da mantelli
fiammeggianti e fanno sognare, ma da lì a pensare di sposarne uno ce
ne corre. Alla fine concludiamo che queste ragazze che vanno a vivere
o addirittura si sposano i beduini devono avere dei problemi in
patria, magari sono deluse da precedenti relazioni e si perdono nella
fantasia e nell’immaginazione di storie d’amore lunghe e infinite con
questi uomini del deserto, da sogno soprattutto nella loro testa.
Donne deboli e problematiche è il giudizio finale, mio, di Riccardo e
di Elisa. ‘E tu che ne pensi?’ chiediamo a Irina rimasta quasi
estranea alla discussione, e lei un po’ imbarazzata ‘Io in realtà sono
stata sposata per un anno con un beduino del deserto… Un anno e mezzo
insieme e poi il matrimonio!’. Ovvio per qualche secondo cade il gelo
per la figura barbina fatta da questi tre italiani sparasentenze in
vacanza, ma l’imbarazzo non ci frena, vogliamo conoscere meglio la sua
storia e facciamo domande. Ci dice di averlo conosciuto durante un
viaggio nel Sinai e di essere stata colpita dai sui modi gentili, dal
suo suonare e cantare sotto le stelle, e poi, dopo una pausa
trasognata, ammette di essere stata letteralmente travolta dalla sua
prestanza fisica adeguatamente accompagnata da notevoli capacità
amatorie. Si erano sposati con rito tribale e patto di sangue (non
abbiamo avuto il coraggio di chiederle in cosa consistesse), ma tutto
era finito quando lei si era accorta che la vita in tenda nel deserto
non era proprio il massimo e oltre al piacere fisico e alle stelle
c’era poco altro, quasi era arrivata a rimpiangere la gioventù
siberiana sovietica. Adesso la storia era conclusa, ma ancora lei
sentiva qualcosa, soprattutto un forte legame fisico, di sensi, e
mentre dice queste parole è evidente nei suoi occhi il desiderio che
si riaccende. E mi viene quasi da gridare: RICCARDOOOOO!!!! LEI NON HA
RINNEGATO IL SUO PASSAPORTO RUSSO!!!!!
La mattina seguente prendiamo il minibus per Betlemme, andremo
nuovamente in Cisgiordania sperando che stavolta l’uscita non ci
creerà i problemi del giorno prima. Scendiamo sotto al muro e a piedi
andiamo al posto di controllo, l’ambiente è molto simile a quello di
Ramallah, e pure qua il passaggio verso l’esterno è rapidissimo, ci
vedono e semplicemente ci accompagnano al di là della barriera.
All’uscita alcuni taxi aspettano, ci accordiamo con un autista che per
due euro accetta di portarci in centro. Saliamo e lui fa ‘Ma siete
turisti voi? Ahhhh! Io pensavo che voi foste palestinesi!’. Questa sua
esternazione subito mi indispone perché intuisco che vuol fare il
furbo, due palestinesi che trattano in inglese con tassisti arabi non
credo si siano mai visti e poi magari io potrei pure sembrare un
locale ma Riccardo proprio no. Infatti invece che in centro andiamo in
una piazzola dove ci offre la lista dei sui servigi dicendoci che ci
porterà qui, là, su e giù. Gli dico gentilmente che non ci interessa e
che ci porti solo in piazza a Betlemme che vogliamo vedere la chiesa,
e lui in risposta ‘Alla chiesa vi porto dopo, adesso la chiesa è
chiusa!’. Certo, di domenica mattina alla nove! Gli dico che o ci
porta in piazza lui o scendiamo e ci andiamo da soli camminando visto
che sono quindici minuti a piedi. Insiste ancora un po’ ma poi cede
accompagnandoci in piazza e continuando a dirci che la cattedrale la
troveremo chiusa. Si offre di aspettarci, gli faccio capire che non è
necessario, lui insiste e allora per levarmelo di torno gli dico che
faccia come vuole ma che nessuno è vincolato a nessuno.
La chiesa è ovviamente aperta e pure qua, come al Santo Sepolcro,
assai maggiore è il valore simbolico del posto rispetto alla bellezza
del luogo, non essendoci però alcun gruppo di giovani russe ortodosse
in pellegrinaggio religioso a colorare un po’ l’ambiente, l’interesse
per il luogo scema rapidamente e dopo 3 minuti scarsi la visita della
basilica ha termine. Facciamo un giretto per il paese, sembra molto
turistico, la maggior parte delle bancarelle è ancora chiusa però, è
ancora presto. Decidiamo di fare un salto al monte Erodus che da
lontano pare bello, a forma di cono vulcanico e di certo molto
panoramico. Trattiamo con un taxi che ci chiede uno sproposito per
portarci in quel luogo distante non più di dieci minuti. Quando
sparano cifre davvero esose facendole passare come prezzo di favore io
nemmeno rispondo e poi, allontanandomi, neppure mi volto facendo finta
di non sentire i tassisti che mi gridano dietro prezzi tre quattro
volte inferiori di quello oltre il quale non si poteva scendere, detto
magari con aria schifata a intendere ‘Ma senti questo pezzente che
vorrebbe farmi lavorare per nulla!’ (per completezza di informazione
avevano chiesto 40 euro per il tragitto).
Alla fine sbuca lo stesso tassista di prima e ci facciamo convincere
per circa 9 euro (50 shekel) per andare al monte comprensivi di breve
attesa e del ritorno fino al posto di controllo, cifra alta in
effetti, ma non ho voglia di trattare e un paio di euro in più o in
meno non ci cambiano certo la vita. Non facciamo in tempo a salire in
auto che lui inizia a dire che il prezzo che ci ha fatto è basso e che
dobbiamo dargli di più, gli dico di lasciar perdere e che l’importo è
giusto, lui accosta a dei poliziotti, vuole che io vada chiedere a
loro se la cifra è adeguata o troppo bassa. Mi sta facendo arrabbiare
questo tizio, ‘Non voglio chiedere a nessuno! Ci siamo messi d’accordo
per quel prezzo, se ti va bene ok, altrimenti scendiamo e andiamo con
un altro!’. E lui se ne esce con un teatrale ‘Devi guardare nel tuo
cuore e capire se 50 shekel sono un prezzo giusto, se guardi bene
vedrai che me ne dovresti dare almeno cento’. Questo ********* sta
esagerando penso e glielo dico in faccia, e allora lui prosegue ‘Io
pensavo che gli Italiani fossero diversi, invece siete come gli ebrei,
avete il cuore di pietra, un cuore come un sasso, non avete
sentimenti!’. Ma ********** ********, gli dico che mi sono
definitivamente rotto di sentire le sue ******* e gli grido di
fermarsi che voglio scendere immediatamente. Intanto dietro Riccardo
sembra sbellicarsi dalle risate. Il tassista invece di frenare
accelera e non sente ragioni, e mi viene quasi voglia di denunciarlo
visto che è un taxi ufficiale con tanto di numero e tesserino di
riconoscimento e in pratica ci sta sequestrando. Nel frattempo lui
continua a guidare ma vedendomi assai arrabbiato ha cambiato
atteggiamento ed è diventato più conciliante, ora dice che gli
Italiani sono meglio degli Ebrei, come se tra l’altro a me importasse
qualcosa di sentire questi discorsi razzisti. Visto che non lo posso
obbligare a fermarsi picchiandolo, lascio perdere e pure mi scuso per
avere alzato troppo la voce. Arriviamo al monte Erodus in non più di
cinque minuti complessivi e non facciamo in tempo a scendere dall’auto
che lui riprende dicendo che ci metteremo oltre un’ora ad andare e
tornare, e che cinquanta shekel sono davvero pochi. Lo ignoro e
andiamo su. Dopo dieci minuti completiamo la visita e siamo di nuovo
sul taxi diretti al posto di controllo per tornare a Gerusalemme.
Sulla strada si materializza la visione di un cartello impossibile da
non dedicare a Carletto. Ci dobbiamo fermare per un paio di scatti.
Mentre Riccardo è in posa, una donna ci viene incontro e, strofinando
pollice e medio, ci fa segno che dobbiamo pagarla perché abbiamo fatto
delle foto. Ma che vada in **** pure lei che vuole soldi per aver
fotografato un cartello stradale, e poi dicono che sono gli ebrei ad
essere attaccati al denaro! In realtà lei pensava stessimo
fotografando il suo asino legato a pochi metri dal cartello stradale,
ma in ogni caso, non essendo l’asino di nostro interesse e neppure
finito per sbaglio nelle nostre foto, montiamo in macchina senza darle
niente con lei che ci grida contro insulti palestinesi (immagino non
fossero auguri ). Sul taxi scopriamo un’altro uomo adesso, il nipote
del tassista salito su mentre eravamo a fare le foto, lo dobbiamo
accompagnare a casa. Fossi in un altro paese potrei pensare anche a
qualcosa di poco chiaro visti i rapporti non proprio gentili con
l’autista e il suo essere così venale, ma qua nonostante ciò che si
dice i turisti sono sicuri. Tutti in questo paese hanno gli occhi del
mondo puntati addosso e gli stranieri sono protetti.
In poco tempo siamo nuovamente a Betlemme, il nipote scende, altre due
minuti e, costeggiando il muro pieno di grafiti, arriviamo al posto di
controllo. Diamo i cinquanta shekel al tassista e lui rivolto a me
‘Solo cinquanta? Mi avevi detto me ne avreste dati cento’, nemmeno lo
guardo o lo saluto, semplicemente me ne vado con Riccardo che se la
ride e l’autista a dirci cose che nemmeno mi sforzo di ascoltare.
Entriamo al controllo, è simile al posto di Ramallah, ma stavolta c’è
una sola coda ordinata e un’unica porta, si passa veloci, ci sono
circa quaranta persone davanti a noi ma la fila scorre regolare. Anche
qua c’è comunque lo stesso ambiente freddo fatto di sbarre di metallo,
luci rosse e verdi che si accendono e spengono, il beep e il cigolio
della porta che gira. Arriva il mio turno, metto lo zainetto ai raggi
x, poi vado al gabbiotto per i documenti, davanti a me c’è un
palestinese che mostra un foglio alla ragazza oltre il vetro e mette
la mano su di un sensore per il rilevamento delle impronte digitali,
io non devo fare niente, appena lei vede il passaporto italiano mi fa
cenno di passare, senza neppure farmelo aprire. Dopo 10 secondi anche
Riccardo è fuori. Facciamo alcune foto al muro e prendiamo un minibus
per il centro.
Andiamo a visitare la grande Moschea e ci sorprende constatare che il
Muro del Pianto non è altro che una parete di sostegno per il colle
dove è posta la Moschea, situata più in alto. L’ingresso è dalla
piazza sottostante al Muro, quella piena di ebrei ortodossi, e si va
su tramite un ponte di legno chiuso a tubo che arriva in cima alla
parete aprendosi in una piazza. Qua i controlli sono serratissimi, e
lo capisco, si esce proprio sulla verticale del muro del Pianto. Prima
di me viene fermato un ragazzo con uno zaino enorme, dentro ha un
coltellaccio e tre lattine di birra (qua sono vietate pure quelle
essendo un luogo sacro mussulmano), se vuole proseguire deve lasciare
tutto ai militari e tornare a riprenderlo in seguito. Arriva il mio
turno, passo lo zainetto e qualcosa del contenuto insospettisce. Mi
chiedono informazioni su di una bottiglietta. Abituato agli aeroporti
tiro fuori quella con l’acqua, ma non è lì il problema, sono
interessati ad un’altra. Poi capisco, è quella piccola, con la mia
medicina preferita. Mi chiedono se contenga alcol, io nego e si
accontentano della mia risposta senza verificare. Arrivati di fronte
alla Moschea mi viene però il dubbio, la prendo in mano e per la prima
volta leggo attentamente l’etichetta, in basso a destra c’è scritto
‘grado alcolico 60°’, e finalmente capisco perché tutte le mattine
prendo così volentieri le mie cinquanta gocce! Ma questo vuol dire che
siamo a rischio fulminazione pure qua, anche nel terzo luogo più sacro
di Gerusalemme, e non troppo velatamente soddisfatti per il tris
involontario riuscito andiamo a fare acquisti.
Gironzoliamo l’intera giornata per la città vecchia, comprando cose
inutili e assaggiando tutto quello che ci ispira. Prima di cena ci
carichiamo gli zaini in spalla e gustato l’ultimo Hummus prendiamo un
bus cittadino per l’autostazione centrale, dobbiamo andare
all’aeroporto di Tel Aviv. Alla biglietteria ci fanno un doppio
biglietto perché il bus extraurbano ci lascerà fuori dall’aeroporto,
poi un mezzo locale ci porterà al terminal. Montiamo sul bus e
chiediamo conferma della destinazione all’autista che annuisce e
timbra uno dei due biglietti. Ci sistemiamo in fondo, è quasi vuoto,
l’aeroporto è una fermata intermedia e probabilmente solo noi due
siamo diretti là.
Dopo circa quaranta minuti sento l’autista dire qualcosa quasi
sottovoce ma non ci faccio troppo caso, poi guardo a sinistra e vedo
l’indicazione aeroporto, con noi che andiamo a destra. Sarà mica che
quel grugnito stesse ad indicare che per l’aeroporto si dovesse
scendere? Sia a me che a Riccardo pare impossibile, siamo in dieci sul
bus e l’autista sa che dobbiamo andare all’aeroporto, si sarebbe
fermato. Per scrupolo comunque scorro il corridoio e vado a chiedere,
e mi sento rispondere: ‘Per l’aeroporto dovevate scendere prima! Ve
l’ho pure detto!’.
Scendiamo nella superstrada buia e a piedi ci avviamo all’aeroporto,
‘poco male’ dico io, ‘tanto il volo è domattina, abbiamo tempo,
possiamo andare pure al terminal a piedi!’, ma Riccardo, ‘Eh ma siamo
in Israele, da qui al terminal ci saranno dieci controlli e arrivare a
piedi dalla superstrada non farà certo una bella impressione, se poi
la polizia ci vede camminare qua di sicuro ci ferma’. In effetti
Riccardo non ha torto e ci affrettiamo per andare verso la fermata del
bus locale che avevamo intravisto prima del bivio.
Dopo pochi minuti il bus arriva, facciamo duecento metri e ci fermiamo
per far salire un soldato che controlla ogni parte del veicolo, dietro
i sedili e nei posti più nascosti. Nel frattempo un altro ispeziona
l’esterno, soprattutto sotto e intorno alle ruote. Non si curano
affatto di noi. Poi arriviamo al terminal e sorprendentemente non ci
sono controlli per entrare, i metal detector e le macchine per i raggi
x sono spente. Ci mettiamo in attesa, il volo è alle 5:30 e sono
appena le 21. L’aeroporto è scomodissimo, sono pochi i posti dove
sedersi, si vede che non vogliono gente a bivaccare. Un paio di birre
e un pisolino seduti e arrivano le 2 di notte quando si apre la linea
che porta al checkin del nostro volo, tra noi e i banchi vediamo una
macchina per i raggi x e diversi tavoli per controlli più accurati sui
bagagli.
Ci precedono circa dieci persone, un paio di ragazzi fanno domande,
motivo della visita, se abbiamo conosciuto palestinesi, sfogliano i
passaporti. Tocca a noi e non sembrano troppo contenti del fatto che
siamo entrati nel paese dalla Giordania, chiamano un’altra persona,
sembra più alta di grado, ci ripete le stesse domande e forniamo le
stesse risposte. Poi chiede se siamo stati in Cisgiordania, a Nablus
per esempio. E noi ‘Ma no, niente Nablus!! Però siamo stati a
Betlemme!’ una mezza ammissione andava fatta. ‘Betlemme? E perché
mai?’ ci guarda sospettoso. ‘Turismo religioso, siamo cristiani in
pellegrinaggio e siamo andati a vedere la chiesa della natività di
Gesù!’ rispondiamo tutti convinti. Ma non troppo convincenti forse,
perché ci appiccica sul passaporto un tagliandino con su scritto un
bel 5, che non è un bel numero. Qua infatti a seconda di quanto
sembriamo sospetti assegnano dei numeri, 1 ad esempio è un rabbino con
famiglia, 6 il fratello Bin Laden. Riccardo sostiene che il 5 è colpa
(o merito) mia e che abbiano fatto media, 3 a lui e 6+ a me, e che se
invece che con lui fossi stato con l’amico Luca, un bel 6 con annesso
interrogatorio del Mossad non ce lo avrebbe levato nessuno!
Passiamo i bagagli ai raggi X e il nostro numero ci conduce al tavolo
dove rovesciano l’interno di tutti i bagagli. Prima tocca a Riccardo e
la ragazza che si occupa di lui strofina il bastoncino per la verifica
degli esplosivi dappertutto, anche sulla biancheria sporca, ma ogni
cosa è in regola. Poi nota le sue Kefiah comprate a Nablus e diventa
sospettosa, chiama un suo collega che inizia ‘Dove le hai prese?’ e
Riccardo mentendo spudoratamente, ‘A Gerusalemme in un negozio di
souvenir!’ e l’israeliano ‘Sicuro che le hai comprate e che nessuno te
le abbia regalate?’ ‘Sicuro!’ ‘Ok puoi rimettere la roba a posto!’. E’
il mio turno, stessa procedura con test degli esplosivi su tutto, mi
viene chiesto se qualcuno mi ha regalato qualcosa e se quel che ho
nello zaino è mio. Pare tutto in regola finchè trovano il mio vecchio
asciugacapelli da viaggio, rotto anni prima per una caduta ma ancora
funzionante nonostante i rattoppi fatti con il nastro adesivo. La
ragazza va in allarme, mi chiede se la riparazione è opera mia, quando
è stata fatta e se l’oggetto funziona. Ma non la convinco, chiama
allora il suo collega che guarda con attenzione l’asciugacapelli
pericoloso e verificato che non contenga una bomba me lo rende.
Rovistando tra la mia roba trova il sacchettino nero contenente
qualche minerale e delle spezie che ho comprato a Gerusalemme. ‘E
questo cos’è?’ mi chiede, e io ‘Regali!’ ‘REGALI??? REGALI DI CHI?
QUALCUNO TI HA FATTO REGALI?????’ ‘No no, regali per i miei amici!’ la
rassicuro. Ripete comunque un accurato controllo esplosivo dentro e
fuori il sacchetto e visto che il test dà ancora esito negativo mi dà
il via libera.
Passiamo al checkin e poi ai controlli nell’area degli imbarchi dove
il nostro numero 5 ci ributta nella fila dei sospetti, verifiche
accurate a noi e al bagaglio a mano, stesse domande ormai imparate a
memoria, poi finalmente siamo al gate.'
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On Fri, 18 Dec 2009 02:38:43 -0800 (PST), krapp75
<andreasabatini@tiscali.it> wrote:
[color=blue]
>Passiamo i bagagli ai raggi X e il nostro numero ci conduce al tavolo
>dove rovesciano l’interno di tutti i bagagli. Prima tocca a Riccardo e
>la ragazza che si occupa di lui strofina il bastoncino per la verifica
>degli esplosivi dappertutto, anche sulla biancheria sporca, ma ogni
>cosa è in regola.[/color]

si, anche a me dieci anni fa stessa medesima cosa


grazie per le recensioni mi hanno messo a suo posto alcune
domande che avevo lasciato in sospeso dieci anni fa

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On Fri, 18 Dec 2009 02:38:43 -0800 (PST), krapp75
<andreasabatini@tiscali.it> wrote:
[color=blue]
>Passiamo i bagagli ai raggi X e il nostro numero ci conduce al tavolo
>dove rovesciano l’interno di tutti i bagagli. Prima tocca a Riccardo e
>la ragazza che si occupa di lui strofina il bastoncino per la verifica
>degli esplosivi dappertutto, anche sulla biancheria sporca, ma ogni
>cosa è in regola.[/color]

si, anche a me dieci anni fa stessa medesima cosa


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On Fri, 18 Dec 2009 02:38:43 -0800 (PST), krapp75
<andreasabatini@tiscali.it> wrote:
[color=blue]
>Passiamo i bagagli ai raggi X e il nostro numero ci conduce al tavolo
>dove rovesciano l’interno di tutti i bagagli. Prima tocca a Riccardo e
>la ragazza che si occupa di lui strofina il bastoncino per la verifica
>degli esplosivi dappertutto, anche sulla biancheria sporca, ma ogni
>cosa è in regola.[/color]

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On Fri, 18 Dec 2009 02:38:43 -0800 (PST), krapp75
<andreasabatini@tiscali.it> wrote:
[color=blue]
>Passiamo i bagagli ai raggi X e il nostro numero ci conduce al tavolo
>dove rovesciano l’interno di tutti i bagagli. Prima tocca a Riccardo e
>la ragazza che si occupa di lui strofina il bastoncino per la verifica
>degli esplosivi dappertutto, anche sulla biancheria sporca, ma ogni
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On Fri, 18 Dec 2009 02:38:43 -0800 (PST), krapp75
<andreasabatini@tiscali.it> wrote:
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>Passiamo i bagagli ai raggi X e il nostro numero ci conduce al tavolo
>dove rovesciano l’interno di tutti i bagagli. Prima tocca a Riccardo e
>la ragazza che si occupa di lui strofina il bastoncino per la verifica
>degli esplosivi dappertutto, anche sulla biancheria sporca, ma ogni
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On Fri, 18 Dec 2009 02:38:43 -0800 (PST), krapp75
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>Passiamo i bagagli ai raggi X e il nostro numero ci conduce al tavolo
>dove rovesciano l’interno di tutti i bagagli. Prima tocca a Riccardo e
>la ragazza che si occupa di lui strofina il bastoncino per la verifica
>degli esplosivi dappertutto, anche sulla biancheria sporca, ma ogni
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On Fri, 18 Dec 2009 02:38:43 -0800 (PST), krapp75
<andreasabatini@tiscali.it> wrote:
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>Passiamo i bagagli ai raggi X e il nostro numero ci conduce al tavolo
>dove rovesciano l’interno di tutti i bagagli. Prima tocca a Riccardo e
>la ragazza che si occupa di lui strofina il bastoncino per la verifica
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On Fri, 18 Dec 2009 02:38:43 -0800 (PST), krapp75
<andreasabatini@tiscali.it> wrote:
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>Passiamo i bagagli ai raggi X e il nostro numero ci conduce al tavolo
>dove rovesciano l’interno di tutti i bagagli. Prima tocca a Riccardo e
>la ragazza che si occupa di lui strofina il bastoncino per la verifica
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On Fri, 18 Dec 2009 02:38:43 -0800 (PST), krapp75
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>Passiamo i bagagli ai raggi X e il nostro numero ci conduce al tavolo
>dove rovesciano l’interno di tutti i bagagli. Prima tocca a Riccardo e
>la ragazza che si occupa di lui strofina il bastoncino per la verifica
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